Il Sentiero del Padre

Il sentiero che porta ai mondi superiori

Lapide IV

L’AnanKe (fato)

Visione del medium

Buio. Dalla cortina scura si apre uno squarcio, si allarga ed ecco il paesaggio che appare.

Una infinita distesa; pietre e arbusti, una pianura. Cielo plumbeo interciso da piccoli squarci di luce. Nubi pesanti. Silenzio assoluto. Silenzio pesante come le nubi. Di lontano una muraglia, come una fortezza verso cui mi dirigo. Una cinta di mura a cerchio di pietre antiche in parte diroccate si avvicina al mio sguardo man mano che procedo.

Un grande arco permette l’accesso. La cinta muraria è posta su una collinetta. Salgo per accedere. Un arco a pietre a volta con su una scritta imbrunita dal tempo: PAX

Supero la soglia mi prende un forte odore di fiori marci, come nei cimiteri. La cinta muraria copre una superficie superiore a due stadi, a due campi di calcio, il terreno è cosparso di tombe tutte imbrunite dal tempo, coperte da edera, muschio e muffe verdognole. Alcune sono aperte con i sacelli vuoti, al centro un tumulo imponente della circonferenza di 80/70 metri. Sopra una lapide delle dimensioni di quelle già viste. Le erbacce, arbusti e edera la ricoprono in gran parte.

In alto vedo una statua è la figura di una donna seduta sul bordo superiore. La lapide sarà dello spessore di un paio di metri. Il podice assiso, i piedi con le piante appoggiate alla faccia anteriore della lapide. Il marmo, la pietra di cui è composta, è imbrunita e scura per il tempo. V’è la sensazione che in questo luogo non sia mai entrato nessuno. La donna è coperta da un peplo che tiene sul capo nella parte superiore con le braccia alzate ma flesse ad altezza del capo (la posizione lascia il dubbio se stia alzando o abbassando il velo e dunque se stia coprendo il volto o lo stia scoprendo). Il bordo anteriore di esso copre in parte gli occhi che sono come per le statue senza sclere e pupille e guardano in avanti verso l’infinito; il capo flesso verso il basso in direzione dell’osservatore che guarda in sù; il seno piccolo adolescenziale e il ventre piatto scoperti; le cosce scoperte, lievemente divaricate, con il peplo che copre il pube. Sotto di essa una grande scritta con lettere dell’altezza di circa un metro… sono greche: alfa, ni, alfa, gamma, kappa, eta…. αναϒκη ANANCHE !

Sotto questa cornice la facciata anteriore della lapide coperta da queste enorme distesa di muffe verdognole e fogliame copre una scritta con lettere dell’altezza di oltre mezzo metro scolpite, incise in profondità, cerco di scoprire, gratto le muffe, cerco di divellere la sterpaglia e provo a leggerle:

QUARTUM MOVENS FATUM INTELLEGERE

NON QUOD LABORIOSE HOC PATIENDUMST

SED QUOD BENIGNE ACCIPIENDUMST

NAM SICUT HOMINES

DEUS UNUM CUM NATURA ESSE VULT

IN BONA PARTE SUI ET IN OPPOSITA

+ + + +

Traduzione

IL QUARTO MOTORE CONSISTE NEL COMPRENDERE IL FATO

NON PERCHÉ TORMENTOSAMENTE CIÒ SIA DA SOPPORTARE,

MA PERCHÉ BENEVOLMENTE SIA DA ACCETTARE (ACCOGLIERE).

INFATTI, COSÌ COME ACCADE PER GLI UOMINI,

IN UNO CON LA NATURA, DIO VUOLE ESSERE!

E CIÒ VALE SIA PER LA SUA PARTE LUMINOSA

CHE PER LA SUA PARTE OPPOSTA (OSSIA DI OMBRA)

il-fato
Figura 20 L’ Ananke – Il fato

Commento alla visione

La scena inizia con un paesaggio che agevolmente potremmo definire condizione della materialità in cui si trova il sé piccolo: la vita umana appare prevalentemente plumbea e greve e solamente a tratti punteggiata da squarci di luce.

Il sé si dirige verso un luogo davvero singolare: tetro, austero ed antico. L’arco di ingresso è sormontato non a caso dalla scritta “PAX”. Strano davvero per un luogo tetro ed opprimente! Bene, la scritta “Pax” sta a significare che il luogo in cui si sta entrando è il luogo in cui l’ordine, e dunque la pace, vengono ristabiliti: è il luogo del riequilibrio! Anche un tribunale ed un carcere umani non sono né belli, né allegri e tantomeno ameni, ma essi sono strumenti, umani strumenti, atti a ristabilire l’ordine e l’equilibrio secondo i mezzi imperfetti ed i codici propri dell’uomo!

Attraversato l’arco, si accede quindi sostanzialmente in un cimitero con tombe chiuse e tombe aperte e vuote.

Il colore verde dominante e prodotto da erbacce, edera, muschi e muffe; è importante perché sta ad indicare che il luogo, e la condizione di esso, è di aderenza, di vicinanza, di prossimità, direi meglio di contiguità alla dimensione terrena, alla dimensione della materia che infatti è separata soltanto dalla cinta muraria che si è vista inizialmente. Vedremo dopo il perché di quelle tombe.

Si giunge così al tumulo sul quale campeggia una lapide delle dimensioni delle altre precedenti, coperta anch’essa, come le tombe, da vegetali e muffe verdi.

Sopra il bordo superiore della lapide, in posizione assisa, troneggia la statua di una donna in parte coperta da un peplo, in parte nuda. Essa è la raffigurazione dell’ANANCHE, (il destino ineluttabile cui anche gli dei dell’antica Grecia dovevano sottostare), come recita l’enorme scritta incisa sùbito al di sotto della statua.

Questo ci fa intendere che siamo dinanzi al sacrario della LEGGE, la Legge di Dio che poggia su pesi e misure, da taluni chiamata, fato, da altri, destino, da altri ancora karma.

La legge, o karma, è lo strumento del riequilibrio dell’ordine universale turbato, dell’armonia spezzata. Essa è necessaria perché, in caso contrario, la disarmonia porterebbe caos e disordine a ciò che è e deve rimanere PERFETTO.

Ma si potrebbe obbiettare che la natura è perfezione ed ordine…, vero, ma ciò vale per l’intero creato eccezion fatta per l’uomo al quale, con le forze dell’ego, venne donato il libero arbitrio (ossia di soggettivizzare la Natura) e con esso la facoltà di violare quell’equilibrio armonioso dell’Uno-Tutto.

Da ciò la necessità di introdurre per l’umanità, la Legge e con essa, la Morte e l’Ade, come ci rammenta Giovanni nell’Apocalisse affermando che, all’apertura del 4^ sigillo, apparve il quarto cavallo verde e dietro di esso Morte e Ade; in questo caso la prima morte necessaria per far luogo al processo di apprendimento dell’uomo e di ampliamento della sua conoscenza e della sua coscienza, in unione all’Ade, la nube, luogo di stazione al termine della vita terrena, presupposto per una successiva eventuale rinascita, una successiva incarnazione. Giungiamo così agevolmente al concetto di karma, al ciclo delle rinascite (ben noto alle religioni orientali), che meglio ora ci fa comprendere del perché inizialmente si trovino tombe aperte e tombe chiuse: proprio a significare il processo di reincarnazione quale necessità di taluno a risarcire gli strappi prodotti nelle vite precedenti a riparare gli errori commessi. Le tombe aperte ci indicano che coloro che vi erano collocati hanno potuto reincarnarsi, hanno potuto reimmergersi nella materia.

L’immagine dell’Ananche è dominante rispetto all’osservatore, il suo sguardo di pietra sembra fissarlo dall’alto per passare oltre; il peplo che tiene con le due mani e le braccia alzate, ma flesse, indica l’atto di voler nascondere il suo volto oppure di volerlo scoprire acché l’osservatore possa vederlo?

Possiamo noi conoscere il nostro destino? No, ma forse a volte si.

Se si riflette il destino dipende da noi e solo da noi; esso è a ben vedere il risultato delle nostre scelte perché, vedete, cari fratelli, osservando bene bene l’Ananche, che tutti noi dobbiamo subire, vi accorgerete che ha le braccia alzate in segno di resa: dinanzi a noi l’Ananche si arrende perché vorrebbe dirci: “Voi avete liberamente scelto, vostra e soltanto vostra è responsabilità di ciò che subirete da me, io sono la legge di causa/effetto da cui non si fugge; ciò che oggi subisci è l’effetto delle tue scelte di ieri e le scelte che fai oggi incatenano il tuo domani”.

Premesso che Dio Uno Tutto è tale perché omnicomprensivo. Nulla al di fuori di Lui in perfetta armonia e perfezione. Perché ciò sia, in Dio non può non essere ricompreso anche il Male (privo di accezione morale), ovvero il Non-Sé o regione dell’Ombra.

Così vorrei in proposito richiamare il concetto di peccato originale che È in DIO!

E così come è in Dio, sussiste anche nell’uomo fatto a Sua immagine e somiglianza.

Ci fu detto che esiste solo il bene e che il male è solo assenza di bene. Del pari diremo che il male appare dall’allontanarsi da Dio come bene assoluto. Tutti i peccati, che appartengono agli spiriti, sono commissivi in proprio attraverso omissione: è il “non factum” che diventa l’ “alium factum”, poiché io condurrei ogni mio agire secondo volere di Dio e solo per libera scelta posso allontanarmene, ben sembra ch’io faccia qualcosa di male, ma quel fare qualcosa di male è solo l’avere omesso di fare il bene.

Allora Dio partisce Sé negli spiriti umani; ma così come l’idea di Dio viene all’umile uomo fatto di terra da Dio, gli viene anche donata la parte del non-Sé di Dio. Questo e solo questo è il “P.O.” perché in sé e per sé origine della creatura in quanto espressione ed immagine di Dio. Ma mentre Dio sceglie Sé e sempre Sé (non perché sia giusto scegliersi ma perché va da se che sia così in Sé e per Sè) l’uomo ha – e qui è la Grazia che si sposa ed aderisce alla parola- Libertà di scegliere se confarsi e quindi agire secondo la parte di Dio che è in Sé o di non agire ed omettere la condotta che dovrebbe avere aderendo a Dio, facendo sì che di fatto agisca altrimenti con il non agire secondo Dio.
Bene. Dati questi spunti di riflessione, viene da illustrarsi il problema dell’“Isola dei morti” come momento perenne, sganciato dal tempo e dallo spazio e chiaramente allegorico, della Misericordia di Dio e della richiesta del perdòno. Quando uno spirito che ha seguito il non agire secondo Dio ha – di fatto omettendo ciò che era il dettame della parte di Dio in Sé – ha agito, si diceva, in malo modo, allora egli ha praticamente cambiato rotta e si è – potremmo dire per intenderci – autoannullato portandosi così verso la dissoluzione della parte di Dio che, non potendo essere distrutta, sfugge e fugge da LUI cacciata.
Solo un atto d’amore può ridarti la coscienza, ma attraverso l’unica chiave che dà la coscienza della conoscenza e la conoscenza della coscienza: il dolore della Croce, dove il Logos “incarnato” ha preso su di Sé i “Peccati Originali” del mondo. Ed ecco la discesa agli inferi/limbo di coloro che muoiono prima del battesimo, intendendo per battesimo il momento in cui entri nella coscienza, dicono i cattolici della chiesa. Ma ciò vale per tutti coloro che, pur non appartenendo ad alcun rito e ad alcun credo, volgano verso l’alto il proprio sguardo a Dio.  Cristo da quella Croce ridona la coscienza perché ristora lo Spirito e ricongiunge – cacciato dalla volontà dell’uomo – nell’uomo ridando ancora la possibilità di scegliere tra il guardare la parte bona e la parte mala. È questo il meccanismo che dobbiamo pur sempre intendere come un momento che viene vissuto al di là del tempo e dello spazio e senza parametri che possano aderire al nostro tempo ed al nostro spazio che si ritrovano sull’isola. Quando un’anima sceglie, e sceglie di riprendere la parte di spirito di Dio che ritorna a permearla, vede… vede l’orrore dell’avere da sé cacciato Sé, come in una sorta di cupio dissolvi e da lì la sofferenza per la perduta realtà. Da questo momento ancora la scelta perché ancora vige, persiste, impera il Peccato Originale, ma senza il quale non vi sarebbe la grazia e la libertà di poter scegliere. E solo accogliendo la Parola del Cristo si può, dal Suo respiro verso il Cielo spinto, giungere alla Nube e solo da codesto altissimo loco che poi – ma appartiene ai grandi misteri tra i grandi – può, sarà, si verificherà quella che avete impropriamente per l’isola definito come Resurrezione. Ma di ciò si parlerà in altro tempo. Quando Luca, a differenza di Matteo, scrive che un padrone aveva 10 servi cui diede 10 mine, una cioè a testa. Essi ritornarono chi avendole moltiplicate ed uno portando la stessa; quel padrone dirà che chi ha molto sarà dato, ricordate, chi ha poco sarà tolto anche quel poco. Perché quel colui avrà non fatto nulla; il non avere agito cioè secondo dettame della propria legge interna divina in quanto egli stesso parte di Dio, ma avere obbedito all’inane torpida pigrizia del non agire in amore omettendo dunque di seguire la legge divina che è legge che egli stesso si è dato. “E coloro che non vorranno seguire le mie leggi e che non vorranno da me essere governati siano fracassati da pietra”. Così Luca. Il “fracassati da pietra”, termine durissimo, viene utilizzato perché è lo spirito che se stesso annulla allontanandosi, portandosi verso un nihil di nulla che solo nei sepolcri tenebrosi dell’isola troveranno – fino a possibile pur sempre nuova scelta – albergo triste ed oscuro.

Bene, fatta questa premessa cominciamo. E cominciamo dalla parte ultima della scritta incisa sulla lapide:

NAM SICUT HOMINES

DEUS UNUM CUM NATURA ESSE VULT

IN BONA PARTE SUI ET IN OPPOSITA

Infatti, così come accade per gli uomini,
in uno con la natura, Dio vuole Essere!
E ciò vale sia per la sua parte luminosa
che per la sua parte opposta (ossia di ombra)

Né potemmo tradurre che Dio vuole essere un tutt’uno con la Natura, ’ché Dio Uno/Tutto, in quanto Tutto, è già in unione con la Natura.

Dunque, Dio vuole che la Natura sia tutt’Uno con Lui, non perché sia distaccata da Lui, ma perché essa dal non-Essere passi all’Essere.

Pertanto, l’emanazione che da Dio procede mediante il Logos, a Dio ha da far ritorno, ma il ritorno non consiste in sterile giostra, bensì in acquisizione di coscienza che potremmo definire espansione di Spirito Santo sulla Natura/Creato. Pertanto, un ritorno con arricchimento di consapevolezza/coscienza. Passaggio dal non-Essere, ombra, male, incoscienza, all’Essere, luce, bene coscienza ed autocoscienza.

Ciò che vale per la natura vale parimenti per l’uomo.

Come abbiamo già constatato in occasione della terza lapide “La Natura VUOLE Essere”; anche in questa quarta è sotteso questo profondo concetto che costituisce il segreto che spiega anche il dolore che pervade la natura. Ma come fa la natura a tornare a Dio per essere in unione con Lui? Solo attraverso quel “voluto” processo evolutivo che la permea e che coinvolge, alla fine, anche l’uomo … (ricordiamoci della voluntas tertium movens che abbiamo incontrato nella terza lapide); gli uomini sono infatti parte della natura stessa, che, ormai pervenuta all’autocoscienza, è pronta al ricongiungimento con Lui (Dio vuole che essi tornino a Lui). Dal non-essere all’Essere. Dunque, potremmo immaginare l’uomo come aspetto della natura che, giunta all’apice del processo, acquisita l’autocoscienza, può transitare nell’Essere.

Infatti, come si diceva, la Natura vuole Essere! Perciò faticosamente, lentamente, tormentosamente, persegue tale scopo.

La spinta insita nella natura è la “volontà di essere”, dunque di evolvere, fino all’autocoscienza e quindi fino all’uomo che in tal modo diverrebbe il punto di transito della natura: il passaggio dalla semplice coscienza all’autocoscienza che costituisce il primo vagito dell’Io Sono. L’uomo vuole essere Dio e a Lui tende; così allora Dio si rende disponibile all’uomo partendosi nel Sé grande che pervaderà l’entità umana. L’uomo diviene il punto di incontro tra la Natura e Dio, il punto di transito dal non-essere all’essere: la natura – ormai evoluta – che dall’ombra transita alla Luce.

Il piccolo sé dell’uomo, primo barlume dello Spirito, tende alla continua evoluzione verso la divinità; si intensifica sempre più il contatto con il grande Sé, fino a giungere alla completa aderenza tra il piccolo e Grande Sé così come avvenne tra Gesù di Nazareth ed il Logos talché può affermarsi che Gesù sia stato uomo pienamente divinizzato e dunque Logos fatto uomo (Gesù fu vero Dio e vero uomo).

Ed ecco infatti che cosa ci dice Paolo in proposito:

Romani 8,19-23

19) Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; 20) perché la creazione è stata sottoposta alla vanità[78], non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, 21) nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. 22) Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; 23) non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo.

Vediamo di comprendere meglio:

19) Poiché la natura (il creato) tende e si sforza, con ogni mezzo, ad evolversi fino a divenire uomo ossia a raggiungere la condizione di figlio di Dio;[79]20) perché la creazione (la natura) è stata dotata da Dio di volontà ambiziosa (vanità); 21) nella speranza di essere liberata dalla materia incosciente che la corrompe, per giungere finalmente alla condizione di figlia di Dio (ossia di uomo) ; 22) Sappiamo che la natura tutta soffre e si dibatte per tale scopo, 23) e non solo la natura ma anche noi uomini che rappresentiamo il primo passo il primo vagito dello Spirito (ossia dell’autocoscienza); noi soffriamo e ci dibattiamo finché non ci riscattiamo del tutto dalla materialità in cui siamo ancora immersi.

Ma v’è di più.

Abbiamo concentrato la nostra attenzione alla zona d’ombra e all’uomo che sembra sostare sulla linea di confine tra questa e quella luminosa.

Ma la lapide ci dice che in “Uno Dio vuole Essere” tanto nella parte di ombra che in quella di luce. Il cammino nostro verso Dio per realizzare l’unione con Lui è cammino che prosegue anche in quella parte di Dio che è nella Luce. E qual è la parte della Natura che prosegue nella zona di luce? È l’uomo! L’uomo deificato, l’uomo che, grado a grado, procede nel percorso di divinizzazione in un crescendo di cui non possiamo avere neanche la più pallida idea. (nella Casa del Padre ci sono molte dimore, dice Gesù).

Fintanto che rimane in quella linea di confine l’uomo dovrà però combattere per affrancarsi del tutto dalle scorie della materia. Le reincarnazioni sono l’atanor, il crogiuolo, a mezzo del quale si purificherà, si raffinerà. La Legge del Karma vigilerà acché sia mantenuta l’armonia del Tutto, ma anche affinché l’individuo evolva in conoscenza ed in coscienza.

Apocalisse

All’apertura del 4° sigillo appare un cavallo verdastro montato da Morte e seguito da Ade. Gli fu data potestà di portare lo sterminio sulla 4° parte della terra. Non su tutti infatti Morte prevale. I tre quarti della terra non subirà lo sterminio. Coloro che hanno ampliato la loro coscienza – saranno, cioè, pervenuti a quella che chiamiamo col termine di “età paulina” – non subiranno gli effetti di Morte e di Ade poiché avranno avuto modo di prendere consapevolezza della prima morte, quella fisica. È la fase in cui l’Io sono è operante sui tre corpi, fisico, eterico ed astrale e li sta fecondando. Ciò grazie all’impulso cristico che ha permesso l’inversione della tendenza dell’uomo ad immergersi nella materialità. Per Ade è da intendersi quel “luogo” o “stato” in cui permangono gli spiriti dei morti nella carne (la prima morte, quella fisica) allegoricamente descritta da Giovanni come una “nuvola”.

In questa 4° lapide il quarto elemento di spinta è il FATO o ANANKE.

È la Legge di Causa ed Effetto che regola le vicende del “sé” (piccolo).

QUARTUM MOVENS FATUM INTELLEGERE

NON QUOD LABORIOSE HOC PATIENDUMST

SED QUOD BENIGNE ACCIPIENDUMST

Il quarto motore consiste nel comprendere il FATO

(Ananche)

Non perché tormentosamente ciò sia da sopportare,

ma perché benevolmente sia da accettare (accogliere).

È opportuno comprendere il destino che su ciascuno di noi incombe; non affannarsi e tormentarsi per sopportarlo, ma cercare di accoglierlo benevolmente poiché esso è mezzo, indispensabile, inevitabile, per transitare prima, e procedere poi nella zona luminosa del Padre. La lapide, dunque, riguarda l’uomo incarnato e le vicissitudini, le lotte che ha da affrontare soprattutto nelle molteplici incarnazioni che, governate dalla Legge di Causa ed Effetto, o Karma, consentono all’uomo, piccolo sé, di affinarsi, perfezionarsi fino ad essere pronto al transito nella Luce.

Note

  • 78 : Qui il termine “vanità” va inteso come voglia di…, ambizione di…, insita nella Natura, come un’energia che permea la Natura.
  • 79 : In questo caso il figlio di Dio è l’uomo, ma in altre realtà lontane, in altri mondi, l’entità permeata dallo Spirito, ossia dal Sé, ovvero dall’autocoscienza, potrebbe essere altro e ben dissimile dall’uomo terrestre.
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