Il Sentiero del Padre

Il sentiero che porta ai mondi superiori

Lapide II

La preghiera

Visione del medium

Una collina luminosa circonfusa sulla cima da una nube. Si ode il suono della canzone di Jenny Russo, “Oceano d’amore” (solo musica). L’ osservatore, salito sulla collina, raggiuge una enorme lapide, simile alla precedente per dimensioni (5 Mt. Alt., 3 Mt. L.zza; 1 Mt. Prof.), ma di colore rosso con venature bianche, sulla quale è incisa la seguente scritta in latino:

SECUNDUM MOVENS PRECATIO,

NON QUOD QUISQUE ALIQUID REPOSCAT

SED QUOD DEI VOCEM AUDIAT ;

QUARE HOC DICENDUMST :

FIAT VOLUNTAS TUA PATER MI

QUIA IN TE CONFIDO

ET TUA CUM INTERCESSIONE

IN HOMINIS HISTORIAM

INGREDI CUPIO

UT SPERO

++++

TRADUZIONE

IL SECONDO MOVENTE È LA PREGHIERA ,

NON AFFINCHÉ CIASCUNO RICHIEDA

INSISTENTEMENTE QUALCOSA

MA AFFINCHÉ (CIASCUNO) ASCOLTI LA VOCE DI DIO ;

PER CUI È QUESTO CHE BISOGNA DIRE :

SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ PADRE MIO

PERCHÉ IO CONFIDO IN TE

E MEDIANTE LA TUA INTERCESSIONE

BRAMO ENTRARE NELLE VICENDE UMANE

COSÌ COME SPERO

Commento Alla Visione

L’osservatore giunge in prossimità della gigantesca lapide. Il suo colore, prevalentemente rosso, ci suggerisce che in essa sono condensate forze capaci di trascinare giù nella materia, ossia nella parte di ombra, colui che ad esse intende affidarsi. Sono forze Luciferiche, egoiche che appesantiscono e operano una sempre maggiore condensazione di ciascuna entità fino al punto estremo dove è la materia a prevalere su ognuno; difficile, quasi impossibile, per il semplice incarnato dominare tali energie. Esse sono inizialmente necessarie perché donano la individualità, ossia l’ego, ed aiutano inoltre a raggiungere la dimensione materiale; ma altrettanto necessario è poi vincerle per liberarsi dal “male”, ossia degli aspetti negativi, che l’ego porta con sé, tra questi il DOLORE che, aborrito dall’uomo, è però spia, è mezzo, è correttivo di condotta umana errata:

Dolor meus dolor mundi,
Dolor mundi dolor Dei,
Dolor Dei spes mea.

Le forze dell’EGO furono chiamate da Giovanni nell’Apocalisse dragone, o serpente antico o satana.

“Aperto il primo sigillo ecco sopraggiungere un cavallo bianco montato da un cavaliere con un arco; a questi fu data una corona e giunse da vittorioso per vincere ancora”.

All’apertura del secondo sigillo sopraggiunge un secondo cavallo color rosso-vivo. A colui che lo montava era stata data la potestà di togliere via dalla terra la pace, in modo che gli uomini si sgozzassero l’un l’altro; per questo gli fu data una grande spada ” , (generalmente si indica con “spada” la lingua, ossia la parola, ma probabilmente vuole significare la ragione o razionalità). Qui non vi è un cavaliere “vittorioso”; assistiamo alla formazione di una coscienza più fortemente individualizzata, che risente dell’impronta lasciata dalle forze egoiche sostenute dalla ragione. L’egoità, col forgiare la coscienza individuale, infonde anche l’istinto di sopraffazione dell’uomo sull’altro uomo. Anche qui il colore del cavallo non è casuale. (V.si anche il colore rosso del dragone in Ap.sse 12/3).

“E un altro segno apparve nel cielo; ecco: un grosso dragone, rosso vivo, con sette teste e dieci corna. Sulle teste vi erano sette diademi; la sua coda si trascinava dietro la terza parte degli astri del cielo e li precipitava sulla terra.”

“E vi fu guerra in cielo: Michele con i suoi angeli ingaggiò battaglia con il dragone; e questo combatté con i suoi angeli; ma non prevalsero: il loro posto non si trovò più nel cielo: Fu, infatti, scacciato il grande dragone, il serpente antico, quello che è chiamato diavolo e satana, colui che inganna tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Udii allora nel cielo una gran voce che diceva: “Ora si è attuata la salvezza, la potenza e la regalità del nostro Dio e il potere del suo Cristo, dal momento che è stato scacciato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che giorno e notte li accusava davanti al nostro Dio. Ma essi lo hanno vinto mediante il sangue dell’Agnello e per la parola da loro testimoniata; non amando la loro vita fino alla morte!”

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Se il primum movens era la speranza, il secondo moto è la preghiera. La preghiera però intesa non come comunemente si intende, ossia una preghiera di richiesta reiterata e pressante affinché vengano esaudite e soddisfatte solo le nostre necessità umane, bensì affinché sia concesso al richiedente di poter intendere la voce del Padre, di poter ottenere, cioè, la capacità di ascoltare e dunque comprendere la voce di Dio.

Non possiamo trascurare di porre la nostra attenzione su questa importante forza energetica che può liberarsi attraverso la preghiera ed al modo in cui questa debba essere formulata.

Nei Vangeli è indicato che la preghiera deve essere intima e perciò da pronunziarsi al chiuso della propria stanzetta; non deve essere verbosa ed altisonante, ma spontanea e con parole sincere che vengono dal cuore, ‘sì da essere più gradite a Dio che aspetta il contatto dal proprio figlio che Lo cerca e Lo invoca.

Pertanto, la lapide suggerisce che cosa chiedere ed il come chiedere:

“Sia fatta la Tua e non la mia volontá Padre Santo. Ma io so per certo che, poiché in Te confido, potrò per Tuo tramite sperimentare l’umana condizione; come io bramo e spero che sia.”

V’è il richiamo ancora una volta alla Speranza che mai dovrebbe venire meno, per le ragioni che abbiamo esaminato nella precedente lapide.

Ma, v’è da chiedersi, quale istante sembra che la lapide voglia indicarci?

Potremmo dire – volendo usare una immagine a noi familiare – che essa colga il momento della “cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre”; che non è una cacciata invero, bensì un allontanamento volontario (non reale, ma apparente come sappiamo) dei Sé dal seno di Dio, i quali liberamente scelgono di “conoscere” per prendere coscienza di Se Stessi e della loro reale natura, reale essenza: divina essenza.

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