Il Sentiero del Padre

Il sentiero che porta ai mondi superiori

Capitolo XVII

Sull’Apocalisse di Giovanni

“Nulla rimarrà celato ma tutto sarà rivelato”

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Figura 14 : L’Agnello ritto come immolato

Generalità

Nell’uso corrente i termini apocalisse, apocalittico, vengono impiegati per significare disastri e calamità di portata planetaria. In realtà, così come l’etimologia ci suggerisce, la parola “APOCALISSE” – dal greco Apo-kalupto – significa “rivelo cose nascoste” (potremmo dire meglio in questo caso “NON rivelo cose nascoste”).

Ciò che a tutta prima può apparire singolare è che l’Apocalisse, altresì definita “Libro della Rivelazione”, in realtà non riveli proprio nulla poiché quanto scritto in essa appare al lettore così incomprensibile, direi meglio ermetico, da non fornire alcun dato conoscitivo nuovo, tampoco profetico[51]. Taluno potrebbe affermare che lo scritto sia in realtà il prodotto di una “ri-velazione” (o rivelatura) cioè, che il significato in esso contenuto sia stato velato nuovamente dallo stesso destinatario allo scopo di non essere volgarizzato, rimanendo così accessibile solo ai pochi, pochissimi, che fossero stati capaci di trovarne le chiavi.

La terminologia e le allegorie in essa descritte non sono una prerogativa di Giovanni l’evangelista ma le ritroviamo nel vecchio testamento negli scritti dei profeti Daniele ed Ezechiele.

Il linguaggio è oscuro e assai complesso. Qaballah, numeri, immagini e simboli sembrano mischiati in modo tale da rendere davvero incomprensibile il messaggio contenuto nel libro. Più volte, infatti, Giovanni fa riferimento alla “sapienza” del lettore per comprendere il significato nascosto. Per sapienza deve intendersi padronanza da parte di chi si cimenti nell’interpretazione di conoscenze esoteriche ma non solo; egli deve essere un… iniziato ai Misteri.

Innumerevoli sono stati gli sforzi interpretativi dell’Apocalisse da parte di molti scrittori, filosofi, teologi e tutti, o quasi, hanno tentato di interpretare lo scritto o in modo letterale o in chiave storica: ricercandovi l’interpretazione di eventi storicamente accaduti e di eventi futuri; ma essa non è uno scritto profetico bensì iniziatico, è la descrizione di un processo spirituale che attiene sia all’umanità nel suo insieme che all’individuo. L’Apocalisse ha infatti riguardo a ciascuno di noi, sia singolarmente che collettivamente in quanto generazione di spiriti nel percorso della esperienza della materialità.

Giovanni ci descrive in dettaglio una vera e propria cerimonia, un rito grandioso e al tempo stesso impressionante in cui si susseguono immagini e rappresentazioni di eventi che riguardano l’umanità intera, ma essi sono caratterizzati dal fatto di essere stati percepiti e descritti su un piano sottile della realtà, dal cosiddetto veggente attraverso la sua capacità percettiva, ossia la capacità di vedere con l’anima là ove altri non vedono ancóra.

Esso è veramente Libro di Rivelazione che Gesù Cristo ha voluto e concesso al Suo apostolo Giovanni nell’isola di Patmos. Ed essa Rivelazione (si intende qui la piena e completa Rivelazione) è concessa da Gesù Cristo a coloro che avranno raggiunto capacità di comprendere il significato profondo di Essa. Ecco la ragione per cui qualunque pubblicazione sull’argomento rimane sempre monca, incompleta per grande o piccola parte dell’Opera. Anche quanto seguirà è frutto incompleto della interpretazione dell’Apocalisse, ma si ritiene che sia sufficiente a dare un’idea complessiva della grandiosità e dell’importanza del contenuto. Rassegnamoci dunque: come potremmo capire se non disponiamo degli strumenti idonei a comprenderlo? Se, cioè, non siamo capaci di vedere con l’anima le cose dell’anima? L’errore metodologico che spesso rimane sotteso in coloro che si cimentano nell’interpretazione dello scritto è quello di guardare ed interpretare con occhi fisici ciò che fisico non è, di sottoporre all’analisi della ragione ciò che sfugge alla logica umana perché appartenente ad una dimensione della realtà a noi ignota o, per lo meno, alla quale non siamo ancóra sufficientemente preparati.

Verrà il tempo in cui tutti saranno in grado di comprendere il significato dello scritto occulto, ma ciò avverrà solo quando il lettore dell’Apocalisse sarà maturo, interiormente maturo, per comprendere.

In verità il libro ci narra di come tutto ciò che riguarda il piano animico umano diverrà a mano a mano sempre più chiaro, più comprensibile, finché, attraverso oscuri processi di maturazione e trasformazione interiore, tutto sarà disvelato! Il cammino è soggettivo, individuale, diverso per ogni uomo e ciò per la semplice ragione che essendo l’uomo lasciato libero, potrà conseguire i traguardi spirituali, e quindi la conoscenza, solo a patto che la appetisca, la ricerchi ed infine la accolga come arricchimento interiore.

È tuttavia da sottolineare che nell’uomo il “disvelamento” è avvenuto, avviene ed avverrà comunque ed a prescindere dall’aver letto e compreso il contenuto dell’Apocalisse; è come chi, ignorandone la destinazione, abbia intrapreso un viaggio che lo porta a conoscere città, luoghi e quant’altro di enorme interesse… di certo non trarrà grande vantaggio se nel bel mezzo del percorso decidesse di leggere il dépliant dell’agenzia turistica su cui sono indicate sommariamente le tappe, le visite, le soste etc.! Dal dépliant ben poco il viaggiatore avrà appreso, mentre moltissimo avrà conosciuto ed imparato viaggiando.

Ciò che segue è il risultato di interpretazioni da parte di chi scrive. Come si vedrà è ben poca cosa rispetto all’intero scritto. Ciò nonostante, tali brani potranno dare significazione al metodo seguito da Giovanni per trasmetterci il messaggio. È necessario per prima cosa far chiarezza su due distorsioni interpretative cui va soggetto il lettore o chi tenta di interpretare:

la prima è quella di ritenere che l’Apocalisse riguardi un futuro – cronologicamente inteso – di catastrofi o di beatitudini cui sarebbero soggetti gli uomini, con conseguente salvazione di alcuni e dannazione eterna di altri.

La seconda distorsione riguarda la metodologia descrittiva di cui si avvale l’autore; quest’ultimo, infatti, si esprime attraverso immagini ed allegorie che vanno interpretate mediante chiavi di lettura e di comprensione non facilmente accessibili.

È, in certo qual modo, come se il lettore guardasse un quadro nel quale vi fossero delle raffigurazioni che, dopo attenta osservazione e meditazione, lascino dapprima spazio alla percezione immaginativa, poi vadano analizzate sul piano razionale, in fine ricomposte in concetti secondo il consueto metodo del pensiero razionale; analogamente occorre procedere per lo scritto apocalittico nell’affrontare l’interpretazione delle allegorie, dei simboli, dei numeri, etc., non già effettuando una pedissequa trasposizione sul piano della realtà o, tampoco, letterale che sarebbe fuorviante.

Nei Vangeli possiamo constatare che Gesù racconta delle parabole per esprimere concetti complessi, difficili da comprendere per le masse. Sicché in esse abbiamo semplici racconti che racchiudono concetti dal significato profondo che divengono comprensibili, per via analogica, proprio perché veicolati da brevi e semplici quanto realistiche storie.

Nell’Apocalisse di Giovanni accade il contrario: da una allegoria o immagine in cui è racchiuso un concetto complesso, scaturisce un racconto inesprimibile per via analogica in quanto è pressoché impossibile esprimere per similitudini eventi che trascendono l’umano sentire o l’umana esperienza e che, non a caso, hanno carattere eminentemente esoterico. In questa abbiamo concetti/immagine che, allegoricamente, ci vogliono trasmettere un racconto ed i relativi significati.

L’Apocalisse è, in definitiva, una storia concernente l’evoluzione del “Sé” (grande), porzione e riflesso di Dio Padre, nonché delle lotte e dei pericoli cui Esso va incontro attraverso le scelte e l’opera del “sé” (piccolo) umano, con riferimento al complesso di elementi, sia materiali che sottili, di cui è costituito ciascun individuo.

Dunque l’ “Apocalisse” è la rivelazione per ciascuno di noi e di tutti e, come si vedrà, il racconto/cerimoniale a tratti si rivolge al singolo, a tratti all’umanità nel suo complesso; la esposizione delle immagini apocalittiche infatti si sviluppa avendo riguardo all’evoluzione di ogni “Sé” (grande) – di cui abbiamo appena accennato – e a quella di tutti i “Sé” (grandi), presi nel loro insieme. Ci dice inoltre dei pericoli mortali che corre il “Sé” (grande), ma anche del doloroso, talvolta, cammino necessario alla Sua crescita (da intendersi quale ampliamento della coscienza) fino alla salvezza, ossia al definitivo transitare dalla pars obscura di Dio a quella luminosa.

È un processo che, come si è accennato, coinvolge l’intera generazione umana, con ciò intendendo l’umanità intera di ogni tempo. Per “generazione”, infatti, ci si riferisce – allegoricamente ed iniziaticamente – alla generazione di spiriti e non propriamente alla generazione di uomini storicamente coevi tra loro, come solitamente si intende nell’uso corrente del termine. Così quando nei Vangeli Gesù annunzia: “Questa generazione non passerà che queste cose annunziate accadranno”, non si riferisce certo alla generazione di uomini suoi contemporanei (da cui l’errore frequente di chi interpreta letteralmente). Questa generazione di spiriti è contrassegnata dal marchio di Adamo, è cioè “stirpe di Adamo”.

Essa deve effettuare un percorso evolutivo e l’iter non è necessariamente legato al fattore tempo, cronologicamente inteso; esso è piuttosto riconducibile al grado evolutivo che ciascuno riesce a raggiungere (non importa se in un giorno o in molteplici eventi incarnazionali) sotto il profilo dell’ampliamento della coscienza. L’opera salvifica del Cristo/Gesù consiste nell’aiutare la generazione di spiriti ad evolversi ed a riscattarsi dall’esistenza materiale per rinascere a nuova vita, diversa e più alta di quella terrena: non a caso Gesù viene spesso definito come “Novello Adamo”.

In conclusione, l’Apocalisse parla a tutti noi ed a ciascuno singolarmente se solo si è capaci di intenderla. Essa ha riguardo al cammino per tappe della Coscienza del “Sé” (grande); dunque un cammino non soggetto al tempo cronologico, quanto al tempo dell’autoconsapevolezza vista come conquista, poiché liberamente scelta, di tutti gli uomini e di ciascuno. La rivelazione cita gli involucri (i vari corpi) di cui siamo costituiti, dal più pesante al più sottile; cita il piano salvifico di Gesù/Logos; parla di forze che ci tengono avvinti alla materialità e di energie che ci liberano; parla della vittoria o della sconfitta di tali forze e della vittoria e della sconfitta di ciascuno di noi e dell’intera generazione cui apparteniamo fino alla realizzazione della Città Santa (la Nuova Gerusalemme), e di tanto altro ancora.

Ciò che ci riferisce Giovanni è in definitiva un vero e proprio “RITO”, cioè una grandiosa cerimonia, a cui gli è stato concesso di assistere per poi raccontarcela seppur in termini difficili da comprendere per via del loro contenuto esoterico.

In questa sede tenteremo di spiegare per quanto e fin dove ci è dato e permesso di fare.

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Figura 15 : “Vindica Domine sanguine(m) nostrum”. Il Risorto.
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Figura 16 : “Vir humidum et calidum vesta calida et sicca”

Apocalisse Prologo

Partiamo dal Prologo con la visione introduttiva che Giovanni riceve in spirito :

“Rapito in estasi nel giorno del Signore, udii dietro a me una voce possente, come di una tromba, che diceva: “ Ciò che vedrai scrivilo in un libro e invialo alle 7 Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatira, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea” . Mi voltai per vedere chi fosse quello che mi parlava; voltandomi, vidi 7 candelabri d’oro e, in mezzo ad essi, uno simile a figlio d’uomo. Indossava una tunica lunga ed era cinto all’altezza del petto con una fascia dorata. I capelli della sua testa erano bianchi simili a lana candida, come neve. I suoi occhi erano come fiamma ardente. I suoi piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, quando è stato purificato nel crogiuolo. La sua voce era come lo scroscio di acque abbondanti. Nella sua mano destra teneva sette stelle, mentre dalla bocca usciva una spada affilata a doppio taglio. Il suo aspetto uguagliava il fulgore del sole in pieno meriggio.” (Ap. 1/10-17).

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Figura 16 : “Gesù Cristo apocalittico”

Giovanni a questo punto, cade ai Suoi piedi stordito. Il personaggio misterioso allora lo rassicura e si presenta come Colui che è il Primo e l’Ultimo, il Vivente, Colui che giacque morto ma per vivere in eterno, Colui che detiene le chiavi della Morte e dell’Ade.

Chi è questo misterioso personaggio? È certamente un’Entità che esprime grandissima autorità, che svolge un ruolo dinamico, attivo, potendo stare in mezzo ai candelabri d’oro e camminare tra essi; che nella mano destra tiene le 7 stelle, ossia gli Angeli delle 7 chiese, a significare che detiene il pieno dominio degli uni e delle altre. Questa entità è Gesù! Ma attenzione, non il Gesù umano che è descritto nei Vangeli e che noi immaginiamo, con la nostra fantasia, mentre predica sui dolci declivi della Palestina… niente affatto!

Giovanni che, come sappiamo, ben conosceva Gesù, suo Maestro, non lo riconosce; ben strana cosa, verrebbe da dire.

In realtà l’Entità non si presenta a Giovanni con l’identico aspetto che ebbe da incarnato (dunque sotto le spoglie, caduche ed umane, di Gesù di Nazareth) bensì con quello, a Lui più confacente, di Entità spirituale altissima. Ecco perché Giovanni non poté riconoscerlo pur avendo Egli assunto apparenza umana (di “figlio d’uomo” afferma l’autore).

Ma gli indizi sono univoci: l’Entità Stessa si fa riconoscere da Giovanni rassicurandolo e dicendogli di essere colui che giacque morto e resuscitò.

Gesù disse sempre di Se Stesso di essere la Via, la Verità e la Vita; bene, nella descrizione di Giovanni ritroviamo le tre condizioni:

È Vita: Egli si definisce il Vivente;

È Verità: Giovanni afferma che dalla Sua bocca usciva una spada affilata a doppio taglio: la Parola di Verità infatti uccide, uccide la menzogna che non ha alcuna possibilità di opporvisi da qualsiasi lato voglia aggredirla poiché la lama è a doppio filo.

È Via: lo dimostra il tenere le 7 stelle, ossia gli angeli (i nunzi) delle 7 Chiese (i 7 candelabri d’oro) cui Egli, nel prosieguo, come si vedrà, indicherà la strada, la via, da percorrere.

Ap.sse 2 – Lettere Alle 7 Chiese – Il significato delle 7 Chiese

Che cosa si deve intendere per “Chiesa”? Il termine letterale vuole indicare la “ecclesia” ossia una riunione di fedeli, una adunanza o assemblea di persone fedeli a determinati princìpi religiosi e di culto. Ne dobbiamo dedurre che le “7 Chiese” sono altrettanti gruppi, altrettante categorie di individui legati da specifici contrassegni spirituali o, per meglio dire, in questo caso, di soggetti dotati di un diverso grado di sensibilità o di coscienza del Divino, maggiore o minore, a seconda del gruppo di appartenenza.

Il messaggio che lo Spirito rivolge loro è – si ribadisce – fuori dal tempo cronologico umano; esso è perennemente valido in ogni tempo e momento (umanamente inteso), poiché ogni “lettera” è rivolta a coloro che, ieri come oggi, si trovino in “quel” determinato grado di coscienza riconducibile a questa o a quella determinata Chiesa.

L’esempio che mi appare più appropriato è quello della scuola. Uno scolaro frequenterà la classe che gli è propria a seconda del suo grado e livello di istruzione raggiunto; analogamente vanno considerate le chiese dell’Apocalisse; sicché ciascun messaggio è appropriato per ciascuna delle 7 comunità in quanto ogni lettera è indirizzata a coloro che si trovano ad un certo livello di progresso animico (appartengono, cioè, a questa o a quell’altra classe ossia a questa o a quell’altra “chiesa”). Nello scritto apocalittico si noterà che a ciascuna Chiesa viene mossa critica o esortazione; ciò affinché coloro che vi appartengono non si arrestino nel cammino o, peggio, deviino dal retto procedere. Chi opera seguendo il corretto incedere riesce nell’impresa e viene chiamato “Vittorioso”; a questi è riservato un premio. Si badi però che al Vittorioso non viene promesso alcun vantaggio materiale o umano; l’arricchimento avviene sempre sul piano della crescita spirituale e, più precisamente, nella acquisizione di sempre maggiori àmbiti di coscienza.

Dunque, accrescerò la mia coscienza poiché riuscirò a conoscere di più, ma saprò di più poiché avrò reso i miei occhi avvezzi a vedere meglio e a guardare più in profondità: avrò, cioè, coltivato, fecondato e quindi trasmutato i miei corpi/involucri in altrettante strutture animiche capaci di vivere ed operare su piani sottili dell’esistenza[52].

Le sette Chiese, dunque, rappresentano i vari livelli di Coscienza/Conoscenza; la gradualità può percepirsi anche dalle parole conclusive che l’Angelo pronuncia per ciascun Vittorioso.

Infatti, come si potrà osservare, nelle prime 6 Chiese si rileva la presenza di due aspetti antitetici: la coesistenza di un lato, potremmo dire, oscuro e di un altro chiaro e luminoso. Lo Spirito dona sempre qualcosa al Vittorioso, cioè a colui che ha mantenuto saldo ciò che ha già conquistato, ovvero che è stato capace di trasformare una porzione oscura in luminosa. Solo nella 7° Chiesa (quella di Laodicea) non compaiono forze antagoniste ma sembra venga paventata la possibilità che permanga una sorta di inazione (non essere né caldi né freddi bensì tiepidi) in taluni che hanno raggiunto un pur così alto grado di coscienza.

Il dato da non trascurare è che Gesù Cristo dall’alto della Sua autorità ordina a ciascun Angelo di recare un messaggio ad ogni chiesa. Ma chi è l’Angelo? Chi è in grado di annunziare ciò che lo Spirito ha da dire? Bene l’Angelo qui rappresenta il “Sé” (grande) riflesso spirituale e porzione di Dio che alberga in ciascuno di noi[53]: lo Spirito immortale e divino. Solo Gesù può, in veste di Logos, avere l’autorità per dare indicazioni, stimoli, raccomandazioni alle Chiese tramite i “Sé” che qui fungono da nunzi ossia da angeli. Perché tutto questo? Perché il “sé” (piccolo) è lasciato libero; è destinatario del dono di libero arbitrio e dunque può scegliere anche contra ius, anche in avversione a Dio Stesso, fino a scegliere la propria autodistruzione che, come vedremo, Giovanni chiama “morte secunda”: non la morte del corpo, bensì quella dello Spirito che comporta la cessazione totale e definitiva dell’autocoscienza.

  • al Vittorioso della Chiesa di Efeso dice: sarà fatto mangiare il frutto dell’albero della Vita (dopo aver mangiato il frutto dell’albero della Conoscenza del bene e del male), passerà cioè, attraverso tribolazione e dolore e grazie alla rivelazione Cristica, dalla condizione di Adam (uomo di terra rossa) a quella di Antropos (uomo che guarda verso l’Alto): prenderà, cioè, coscienza di “Sé” e di “sé”. “Ricorda da dove sei caduto” dice il messaggio, ossia rammenta che sei porzione di Dio da Cui ti sei volontariamente staccato.
  • al Vittorioso della Chiesa di Pergamo dice: gli sarà concesso di alimentarsi della manna nascosta; cioè, gli sarà concesso di trasmutare il corpo Causale o astrale in Manas (ossia “Sé” cosciente spirituale). I tre corpi (fisico, eterico ed astrale), attraverso l’inchino fecondatore dell’Io, saranno trasformati in Budhi, Atma e Manas (altresì definibili in: Spirito vitale, Uomo spirito e “Sé” cosciente spirituale). A coloro che avranno vinto se stessi sarà dato di passare i Misteri e donata una pietruzza bianca su cui è inciso un nome nuovo conosciuto solo da colui che lo riceve; il nome è riferito all’ “IO SONO” che lo contraddistingue. Chi è passato per i Misteri ottiene una super-autocoscienza umana e gli sarà dato di entrare nella “nube” (l’Ade) e di accompagnare i fratelli (le ombre che vi stazionano) per indicar loro la Via del Regno.
  • Al Vittorioso della Chiesa di Tiatira dice: sarà vittorioso colui che avrà tenuto fede all’impegno usando delle sue facoltà superiori per servire i fratelli e non per trarre vantaggio personale (al pari della profetessa Gezabele che istiga i servi a “prostituirsi mangiando la carne immolata agli idoli”); in altri termini non si scambi ciò che è sacro con miserabili vantaggi materiali, umani. I vincitori saranno profeti grandi e potranno guidare moltitudini, indirizzarle e perfino governarle, con lo stesso potere che fu di Gesù di Nazareth.

“Al vincitore e a chi custodisce fino alla fine le mie opere, darò potestà sulle nazioni e le governerà con verga di ferro, come i vasi d’argilla le frantumerà, proprio come Io ho ricevuto dal Padre Mio. Gli darò inoltre la Stella del Mattino”.

Chi è rappresentato dalla Stella del Mattino? Essa è l’astro più luminoso del cielo che, dopo la lunga notte di tenebra – in questo caso tenebra della coscienza – preannuncia l’alba, preannuncia cioè l’arrivo del Sole portatore all’umanità di Luce piena e di Calore (ossia Verità ed Amore). Ma il significato in questo caso ci viene rivelato nell’epilogo della stessa Scrittura dell’Apocalisse: è Gesù il Salvatore che dice di Se Stesso: “io sono la radice, la stirpe di Davide, la stella lucente del mattino”; quindi si presume che vada interpretato come Gesù di Nazareth (Stella del Mattino) che preannunzia e precorre la Luce del Sole/Logos; ecco perché Gesù è transito, è porta attraverso Cui noi uomini ci rendiamo disponibili e capaci di accogliere il Cristo/Logos e quindi riceverNe l’impulso. Gesù/Lucifero (ma che nulla ha del Lucifero che nella tradizione popolare si è voluto identificare col demonio ossia con l’angelo ribelle caduto) è dunque fiaccola dell’aurora, è Fosforos, Egli precorre la LUCE Solare della divinità Figlio: il Logos. Si potrebbe azzardare la similitudine secondo cui Gesù sta al Logos così come Giovanni sta a Gesù nel preannunciarne l’arrivo imminente e nel prepararne la strada attraverso la predicazione e lo stimolo alla conversione delle genti che presso di lui giungevano per ascoltarlo sulle rive del fiume Giordano. La Stella del Mattino è notoriamente identificabile nel pianeta Venere che Dante nel Paradiso indica come la sfera dell’Amore. E come non definire atto d’Amore ciò che Gesù venne a compiere sulla terra donando Se Stesso? Il Suo piano salvifico permette a noi tutti di renderci accoglienti all’inondo della Divinità. Dunque, a coloro della Chiesa di Tiatira, che vinceranno (leggasi: che avranno raggiunto tale grado di consapevolezza o coscienza), sarà donata la Stella del Mattino (ossia saranno capaci di accogliere il Cristo/Logos perché pronti e recettivi) e la Parola governerà le Nazioni e sarà la loro Luce. Costoro godranno degli effetti del piano salvifico poiché, nell’accogliere il Logos per il tramite di Gesù, muteranno loro stessi e saranno capaci di diffondere a loro volta la Parola che detterà le regole, ossia i dettami evangelici, per il governo delle Nazioni che potranno così operare rettamente.

  • Al Vittorioso della Chiesa di Sardi dice: l’Agnello non lo cancellerà dal Libro della Vita, ma lo riconoscerà dinnanzi al Dio Padre e davanti ai Suoi Angeli. Cioè, l’Agnello testimonierà in suo favore dinanzi al più alto Fattore ed alle entità angeliche riconoscendo i meriti e le conquiste cui è pervenuto: il suo nome permarrà scritto nel libro della Vita.
  • Al Vittorioso della Chiesa di Filadelfia dice: gli sarà concesso di divenire una colonna portante del tempio di Dio, diverrà cioè componente essenziale di una struttura complessa, parte di un insieme. Il suo grado di coscienza si legherà quindi alla coscienza di altri di pari livello ed insieme formeranno il tempio di Dio. Un nome nuovo gli sarà imposto dall’Agnello.
  • Al Vittorioso della Chiesa di Laodicea: a colui, cioè, che non si sarà addormentato, pago di quanto ha già conquistato (colui che è tiepido), è rivolta l’esortazione alla piena accoglienza: accogliere il Cristo e “cenare con Lui”, ossia spezzare insieme a Lui il Pane della Verità e nutrirsene, che equivale ad aderire ed uniformarsi completamente a Lui. Chi vincerà, riceverà il dono più alto ed ambìto: potrà assidersi sul trono, al fianco dell’Agnello così come l’Agnello che, Vittorioso, poté assidersi sul trono al fianco di Dio Padre.

Ancora un’ultima considerazione: si osservi l’importanza attribuita dalla rivelazione apocalittica al “nome”.

Il nome è quell’elemento che ci caratterizza e distingue dagli altri. Se dico mi chiamo Mario, di certo faccio riferimento al mio nome anagrafico e comunico ad altri il suono attraverso il quale mi si distingue. Esso mi individua nella società e mi specifica come soggetto fisico. In tutti gli altri casi dirò: “Sono Mario”, unificando in un unicum sia l’essenza di me che il nome stesso e la vibrazione, sonora in questo caso, cui si lega. Sicché, se ci spostiamo su un piano Sottile, ecco che il mio nome assume connotazioni che si riferiscono esclusivamente alla essenza ed alla dimensione in cui essa opera, e poiché in questo contesto ciò che importa non è più umano, non segue, cioè, più la logica umana, ci accorgiamo che essa ha precipuamente riguardo alla Coscienza dell’individuo: ad un certo grado (contraddistinto dalla Chiesa di Pergamo) il Vittorioso riceve una pietruzza bianca su cui è inciso un nome nuovo. Tale nome nuovo è conosciuto solo da chi lo riceve e ciò proprio perché è riferito al suo conseguito grado di coscienza e quindi alla correlata vibrazione. Poiché esso ha riguardo al suo personalissimo “Io Sono”, nessuno può conoscere, e dunque pronunziare, quel nome se non chi lo ha ricevuto. Ma, il processo non si esaurisce qui. Ancora abbiamo una tappa ulteriore in cui viene conferito un nome nuovo: il Vittorioso della Chiesa di Filadelfia sarà posto come colonna del Tempio divino. Sulla colonna (dunque su di lui) sarà inciso il Nome di Dio ed il nome della Città Santa di Dio (Nuova Gerusalemme); vi sarà inoltre inciso un nome nuovo che sarà imposto dall’Agnello.

L’agnello, il campione della stirpe di Davide

“Non piangere. Ecco ha vinto il leone della tribù di Giuda, il rampollo di Davide affinché apra il libro ed i suoi sette sigilli”. “In mezzo al trono ed ai 4 Viventi ed in mezzo agli Anziani vidi un agnello eretto, come sgozzato. Egli aveva sette corna e sette occhi che sono i sette Spiriti di Dio inviati per tutta la terra. Allora venne e ricevette il libro dalla destra di Colui che siede sul trono.
E quando ebbe ricevuto il libro, i 4 Viventi ed i 24 Anziani si prostrarono davanti all’Agnello (…) e cantavano un cantico nuovo, dicendo:
Tu sei degno di ricevere il libro e di aprire i suoi sigilli.
Poiché sei stato sgozzato ed hai riscattato a Dio con il tuo sangue
uomini di ogni tribù e lingua, e di ogni popolo e nazione
e ne hai fatto per il nostro Dio un regno
di sacerdoti e regneranno sulla terra”.

Ap.sse 5 e 6 – Il significato del libro e dei 7 sigilli

Facciamo una premessa:

Il Logos è l’Io Sono Solare Universale; Con l’intervento di Gesù che si fa tramite all’inondo dell’energia del Logos, le componenti animiche dell’uomo ricevono un impulso ed iniziano la loro trasformazione: come fiamma che, dal di dentro, accende e dà luce alle citate componenti animiche umane. Così, grazie a quel dono, abbiamo il passaggio da Adam ad Antropos, dunque, un essere (l’Uomo) che si volge verso l’Alto, verso il Divino attraverso una coscienza pienamente individualizzata.

Se dunque proviamo ad immaginare il libro con i 7 suggelli come la complessa struttura animica dell’uomo (come un’anima sigillata 7 volte) potremo comprendere come la forza e la capacità di aprire il libro e di leggervi dentro da parte dell’Agnello vada interpretata come forza di apertura dei varchi per consentire la penetrazione dell’Io Sono/Cristo e rendere possibile la fecondazione degli involucri dell’entità/uomo, attivare la trasformazione e imprimere loro impulso verso l’Alto, verso cioè un grado superiore di coscienza. Un processo sacro che può avere luogo solo per Grazia divina e che sarebbe impossibile all’uomo con le sue sole forze.

In Palestina, al tempo i cui operò Gesù, la fecondazione dei corpi sottili avvenne per taluni d’un lampo per effetto del Fotismos[54]; moltissimi poi furono coloro che, lambìti dal Logos attraverso l’umanissimo Gesù, iniziarono autonomamente il trasmuto dei corpi; processo ancor oggi attivo per coloro che, accogliendo Gesù/Logos, ricevono l’impulso al cambiamento.

Va altresì detto che, come afferma Rudolf Steiner nella sua opera “L’Apocalisse”, negli scritti biblici il termine “libro” viene adottato per indicare un documento che registra, che annota qualcosa, non come viene oggi correntemente inteso. Così nel Vecchio Testamento per “libro” si intende il documento in cui sono annotate le generazioni che si tramandano la linea di sangue; nel Vangelo di Matteo il termine è infatti usato per indicare la genealogia di Gesù; pertanto, nell’Apocalisse con tale appellativo deve intendersi ciò in cui sono annotate, scandite le tappe evolutive dell’uomo e dunque il processo graduale di sviluppo e crescita della sua coscienza. Giovanni usa anche il termine “libro della vita” che non può che indicare lo scritto in cui sono annotati i passaggi che hanno vivificato l’uomo trasumanandolo.

In conclusione “aprire i 7 sigilli e leggere il libro” sta a significare la capacità di far dischiudere i corpi sottili di cui è costituito ciascun uomo[55] e di agire sull’Io sono dal di dentro (ossia leggervi).

E così come noi siamo lasciati sempre liberi di accogliere la Parola, e con Essa il Cristo/Logos, parimenti fu libero il Grande “Sé” di Gesù (in veste di Agnello), di accettare il libro sigillato che Gli veniva porto e, così facendo, di accogliere Dio Padre per assecondarNe il volere acché l’opera salvifica in favore dell’uomo avesse realizzazione. Dunque, scelta libera del “Sé” (grande) di Gesù quale parte di Dio o partizione dell’Unico Spirito di Cui interpretò (o forse diremmo meglio “rappresentò”) una porzione enorme[56]: quella dell’intera Umanità cui si legò karmicamente, fino alla fine dei tempi, poiché, come si è detto, la Sua missione prosegue con l’accompagnamento vocazionale del Dio-Fratello che ben conosce quanto in solitudine viva l’uomo.

Qui dobbiamo renderci conto che Giovanni riferisce di un evento o, per meglio dire, di una cerimonia di portata cosmica: la consegna nelle mani dell’Agnello del “Libro della Vita” !

In esso sono annotate le tappe della conquista spirituale dell’uomo. È il registro della evoluzione dell’uomo che perviene alla sua deificazione.

Apertura Dei Sette Sigilli

È preliminarmente opportuno specificare talune chiavi di lettura per meglio chiarire il significato di taluni simboli.

Nei primi quattro gradini, l’autore si avvale del simbolo del cavallo colorato. Ciò non è a caso naturalmente.

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Figura 17 : Il Centauro

Il Cavallo : Con esso egli ha voluto significare – come ci suggerisce Steiner nel suo libro “L’Apocalisse” – l’intelligenza, intelligenza spiritualizzata; il simbolo suggerisce altresì il significato di forza naturale associata alla libertà.

L’immagine dei 4 cavalieri richiama inoltre alla nostra mente la figura mitologica dei “centauri”, creature per metà uomini e per metà cavallo, nati da un sacrilego accoppiamento. I centauri, nel racconto mitologico, hanno natura primitiva, sanguigna ed incline alla violenza[57]

Con tale allegoria Giovanni vuole indicarci i primi 4 gradini della evoluzione spirituale dell’uomo. Egli ci dice che vi sono 4 fasi principali in cui registriamo la coesistenza tra ragione e coscienza intuitiva, istintuale.

Detta commistione segue una gradualità secondo cui al crescere della coscienza spirituale decresce quella sensuale, materiale. Sicché, partendo da una prima fase in cui è prevalente il lato greve e materiale, giungiamo per gradi all’ultima sottile ed evoluta.

Il Vivente: è scaturigine di coscienza; è da intendersi come flusso energetico animico permeante quella determinata fase. (Non dimentichiamo che acquisto di Coscienza = Vita, perdita di Coscienza = Morte).

Vieni: è il comando con cui si simbolizza la “emersione” di una nuova fase di coscienza; sarebbe come dire: “Emergi”, o, ancora meglio, “Accendi!”, il comando dopo il quale compare una nuova luce.

La Corona: essa è da intendersi come simbolo di potere, di governo sulla materialità, più esattamente sulla razionalità. Con l’arrivo dell’ultimo cavallo, quello verdastro, si raggiunge l’ultimo grado di coscienza atto a superare i condizionamenti della materialità.

Ancora un’ultima considerazione sul piano interpretativo: si noti che ad ogni “Chiesa” corrisponde un “Sigillo”: 7 Chiese seguite dal dissuggello di 7 Sigilli. Sembrerebbe una esposizione tautologica, ma non lo è in realtà perché nella descrizione delle Chiese abbiamo critiche e raccomandazioni per coloro che si riconoscono in questa o in quella. Nella apertura dei sigilli, invece, riscontriamo una sorta di racconto, di descrizione, di cronistoria di ciò che si sviluppa nella realtà sottile (e non solo in quella) e del modo in cui avviene il processo evolutivo.

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Figura 18 : I quattro cavalieri dell’apocalisse

L’Agnello ora procede all’apertura dei sette sigilli.

Aperto il 1° sigillo ecco sopraggiungere un cavallo bianco montato da un cavaliere con un arco; a questi fu data una corona e giunse da vittorioso per vincere ancora. È il passaggio iniziale della coscienza. Il primo vagito. La materia animale – che non dobbiamo ritenere perciò priva di spirito – viene vivificata, vinta, dalla coscienza di “Sé”. Il bianco con cui è indicato il colore del cavallo sta a significare la purezza di costoro che, appena nati allo spirito e all’autocoscienza, sono, come le creature della natura, privi di malizia: sono coloro che abitano, per così dire, il paradiso terrestre, un paradiso che risiede non nella realtà esteriore, ma nella loro coscienza.

All’apertura del 2° sigillo sopraggiunge un secondo cavallo color rosso-vivo. A colui che lo montava era stata data la potestà di togliere via dalla terra la pace, in modo che gli uomini si sgozzassero l’un l’altro; per questo gli fu data una grande spada. Qui non vi è un cavaliere “vittorioso”; assistiamo alla formazione di una coscienza più fortemente individualizzata, che risente dell’impronta lasciata dalle forze egoiche sostenute dalla ragione. L’egoità, col forgiare la coscienza individuale, infonde anche l’istinto di sopraffazione dell’uomo sull’altro uomo. Anche qui il colore del cavallo non è casuale. (V.si anche il colore rosso del dragone in Ap.sse 12/3)

All’apertura del 3° sigillo vediamo apparire un cavallo nero e colui che lo monta reca in mano una bilancia. Lo stato della coscienza si amplia e si consolida. L’uomo, ormai pienamente cosciente di “Sé”, diviene anche responsabile del proprio operato e risponde alla legge del Karma dare/ricevere, in ciò simbolicamente rappresentato dal cavaliere con la bilancia. Siamo nell’età pietrina della coscienza, dunque sotto il dominio della Legge. (Con Mosè abbiamo il momento in cui la Legge si imprime nell’anima dell’uomo; evento simbolicamente rappresentato dall’arca dell’alleanza, ovvero l’anima, al cui interno sono custodite le tavole della Legge – v.sa Appendice “D”).

All’apertura del 4° sigillo appare un cavallo verdastro montato da Morte e seguito da Ade. Gli fu data potestà di portare lo sterminio sulla 4° parte della terra. Non su tutti infatti Morte prevale. I tre quarti della terra non subirà lo sterminio. Coloro che hanno ampliato la loro coscienza – saranno, cioè, pervenuti a quella che indichiamo col termine di “età paolina” – non subiranno gli effetti di Morte e di Ade poiché avranno avuto modo di prendere consapevolezza della prima morte, quella fisica. È la fase in cui l’Io è operante sui tre corpi fisico, eterico ed astrale e li sta fecondando. Ciò grazie all’impulso cristico che ha permesso l’inversione della tendenza dell’uomo ad immergersi nella materialità. Per Ade è da intendersi quel “luogo” o “stato” in cui permangono gli spiriti dei morti nella carne (la prima morte, quella fisica) allegoricamente descritta da Giovanni come una “nuvola”, come vedremo più avanti.

All’apertura del 5° sigillo vediamo un altare sotto il quale si trovano le anime di coloro che sono stati uccisi a causa della parola di Dio. Fu data loro la veste bianca e chiesto di pazientare ancora perché deve completarsi il numero dei fratelli che dovranno essere uccisi come loro. Un ulteriore balzo, grande balzo, della coscienza; siamo nell’ “età giovannea” ove l’Io è già operante da tempo sui tre corpi (fisico , eterico ed astrale) e li ha trasformati. Per alcuni di costoro – i cosiddetti “Figli della Casa” – è già riservata la “prima resurrezione”, quella che ritroviamo nel Regno Millenario (di cui si dirà più avanti).

All’apertura del 6° sigillo tutto il creato così come ci appare alla vista fisica sembra scomparire; il cielo si accartoccia come un rotolo che si chiude, i monti e le isole scompaiono dai loro posti. Per costoro, avendo raggiunto un alto grado di consapevolezza del proprio “Sé” (grande), non vi sarà più necessità di reincarnazione alcuna, sono gli eletti. L’esperienza della materialità è superata e non più necessaria, essi si uniranno ai “Figli della Casa”, godranno della Prima Resurrezione e saranno partecipi del Regno Millenario.

Segue l’elenco dei segnati, di coloro, cioè, che portano il sigillo del Dio Vivente.

La schiera sterminata degli eletti. Si è compiuta così l’evoluzione della coscienza del “Sé” (grande) per colui che giunge fin qui. Segue una descrizione impareggiabile di ciò cui andrà incontro l’eletto.

All’apertura del 7° sigillo abbiamo una cerimonia di adorazione che prelude al suono delle sette trombe.

AP.SSE 10 Il Castigo Finale e il Libriccino Dolce e Amaro

“Vidi poi un altro Angelo, possente, discendere dal Cielo: era avvolto in una nube e l’arcobaleno cingeva il suo capo; la sua faccia brillava come il sole; le sue gambe sembravano due colonne di fuoco. Aveva in mano un libriccino aperto. Posto il piede destro sul mare ed il sinistro sulla terra, emise un grido fortissimo, simile al ruggito di un leone. Al suo grido risposero con le loro voci i sette tuoni. Quando questi ebbero parlato, mi accingevo a scrivere. Ma si fece udire dal cielo una voce che mi disse: “Suggella quanto hanno detto i 7 tuoni e non metterlo in scritto”.

Per meglio comprendere le allegorie descritte in questo capitolo sarà opportuno assegnare un significato specifico ad ogni porzione significativa delle immagini descritte da Giovanni:

Nube:

Essa è l’Ade, ovverossia il luogo dove albergano le anime dei defunti nella carne. È luogo o, per meglio dire, momento di pausa, o stazione per la macerazione e riflessione da Dio concessa agli spiriti disincarnati acché essi possano pervenire all’auto giudizio e solo dopo essere ammessi al Regno (ove ne ricorrano i presupposti) ovvero reincarnarsi seguendo le leggi del Karma.

Dio chiama a sé tutti, peccatori e non, anche coloro che peccarono contro l’umanità perché tutti Egli vuole a Sé, ma per amore e rispetto della LIBERTA’ che Egli Stesso concesse all’uomo, lascia a ciascuno il potere di giudicare se stesso, di valutare in sintesi, se sia stato o meno sufficiente in Amore. Questa la Nube o Ade.

L’Arcobaleno posto sul capo dell’Angelo:

È simbolo della luce divina; essa appare scomposta come quando un raggio luminoso attraversa un prisma. È la luce resa manifesta dal Logos che opera la creazione, ovvero traduce l’indistinta luce bianca di Dio nei vari colori dell’iride.

Il volto luminoso come il sole:

Sta a significare che l’Angelo è porzione, riflesso di Dio, dunque un “Sé” (grande), in questo caso il “Sé” di Giovanni.

Terra e mare:

Come si è detto in più occasioni Giovanni indica col termine terra la corporeità, la parte più materiale, più pesante del creato, mentre chiama mare quella parte che appartiene al piano eterico, quel piano animico sottile, ma molto prossimo al materiale, in cui albergano emozioni e sentimenti.

La voce possente come di leone:

Qui si vuol rappresentare una voce regale, che incute timore per l’autorevolezza del timbro e del tono, è voce che scuote sin nell’intimo (nel caso di specie è rivolta al “sé” – piccolo – di Giovanni).

La voce dei sette tuoni:

Sono vibrazioni basse, grevi; sono vibrazioni che appartengono al piano energetico della materia. Le ritroviamo all’inizio all’apertura dei primi 4 sigilli: i 4 Viventi con voce di tuono gridano “vieni”. Quando Giovanni invece vuole indicare la voce di Dio o del Cristo/Logos ce la descrive come lo scroscio di acque abbondanti. Potremmo quindi asserire che dette voci corrispondano alle vibrazioni che danno luogo alla rottura dei sigilli con conseguente completa apertura del libriccino.

Libro/libriccino:

Analogamente al grande libro con i 7 suggelli – che simbolicamente rappresenta il libro dell’umanità intera e di ciascuno -, il libriccino rappresenta invece le componenti animiche di Giovanni. Il libriccino non è sigillato, ma aperto (presumibilmente perché le sette voci “tuonando” hanno provocato la completa apertura di esso). Ciò significa che a questo punto per Giovanni non è necessario operare alcuna ulteriore crescita sul piano della coscienza in quanto essendosi già operato il dissuggello del “suo libro”, si trova, da incarnato, già al livello di super-coscienza.

Quanto fin qui descritto ci permette ora di comprendere sufficientemente il racconto sotto il profilo dinamico e di afferrarne per grandi linee il significato:

Leggendo dall’inizio constatiamo che dopo il prologo v’è una premessa che riguarda un universo nascosto agli occhi del comune mortale: quello delle energie vibratorie; è in questo sconosciuto mondo che Giovanni vuole introdurci parlandoci dapprima del libro e dei sette sigilli, poi del suono delle trombe, quindi del libriccino aperto.

È a questo punto che il racconto apocalittico ha una battuta d’arresto come se si innestasse una pausa alla lunga cerimonia e, per qualche attimo, tutto fosse rivolto verso Giovanni che diviene qui non più spettatore privilegiato, ma addirittura protagonista. Non dobbiamo però confondere l’Angelo della visione con le altre figure angeliche (tampoco con gli angeli delle 7 trombe) il quale non a caso emerge dopo lo squillo della 6° e prima dello squillo della 7° ed ultima tromba.

Quale è dunque l’Angelo dal ruggito di leone che appare a Giovanni? È il suo stesso Spirito (il suo Sé grande) di cui fa una descrizione perfetta e dettagliata.

Giovanni, ancora incarnato – e dunque carcerato nel suo “sé” (piccolo) – parla con il suo “Sé” (grande). Giovanni lo chiama “Angelo” proprio perché è porzione divina, è espressione divina; infatti, lo descrive dal volto abbagliante come il sole (il volto sfolgorante di Luce di Dio) col capo circondato dall’arcobaleno (luce del Logos)[58]; il “Sé” (grande) di Giovanni è esso stesso Logos in quanto porzione espunta dal Tutto (Dio Padre) indistinto ed inconoscibile.

L’Angelo è visto da Giovanni avvolto da una nube (l’Ade). Egli è infatti ponte tra il Regno (rappresentato dal volto solare), l’Ade (dimensione ultramondana) e la materia in cui ancora vive Giovanni, rappresentata dalla terra (ossia dalla corporeità fisica) e dal mare (corporeità eterica, luogo di emozione e sentimento); su questi ultimi due elementi vediamo l’Angelo piantare fermamente le sue gambe, anch’esse sfolgoranti, raffigurate da due colonne di fuoco[59]. Anche la posizione assunte dalle gambe dell’Angelo ha un senso: essa richiama alla nostra mente che l’emisfero cerebrale destro è quello deputato alla fantasia, alla immaginazione, alla intuizione, alla creatività oltre che alle emozioni (acqua), mentre quello sinistro al calcolo, all’analisi, alla parola, al ragionamento (terra); l’Angelo infatti poggia la gamba destra sul mare e la sinistra sulla terra.

È una visione grandiosa, un’apparizione sconvolgente che viene consentita, donata, a Giovanni che ce la racconta con dovizie di particolari.

L’Angelo però vuole comunicargli cose importanti.

Al grido possente dell’Angelo, fanno eco le voci dei 7 tuoni. Al ruggito leonino del “Sé” luminoso, segue l’eco delle 7 note tonanti: vibrazioni operanti sulla materia e l’egoità: le forze dei Viventi che parlano anch’essi a Giovanni e che egli si affretta a trascrivere; gli viene però chiesto dall’Alto di non rivelarne il contenuto, ma di sigillarlo. Quest’ultimo passaggio, pur rimanendo ignoto a noi, ci dà conferma che tale momento, seppur valido nel contesto generale, è riservato esclusivamente a Giovanni.

L’ordine di sigillare la parte relativa ai 7 tuoni ci fa comprendere infatti che essa non ci riguarda, non è a noi indirizzata e deve pertanto rimanere velata, nascosta.

“Quindi l’Angelo che prima avevo visto posarsi sul mare e sulla terra levò la mano destra verso il Cielo e giurò nel nome di Colui che vive nei secoli dei secoli. Colui che ha creato il Cielo e ciò che esso contiene, la terra e quanto essa contiene, il mare e ciò che esso contiene: “Non vi sarà più alcun indugio; ma quando il settimo Angelo farà udire il suono della sua tromba, allora sarà consumato il mistero di Dio, secondo quanto ha annunciato ai profeti suoi servi”.

Qui abbiamo un’affermazione solenne da parte dell’Angelo, il quale formula un giuramento nel nome di Dio – più precisamente nel nome del Logos – infatti l’Angelo, levata la mano verso l’alto, giura nel nome di Colui che ha creato tutte le cose: terra, mare e Cielo e tutto ciò che esse contengono; egli giura solennemente perché vuole non solo sottolineare l’importanza del messaggio, ma altresì che esso venga creduto, venga accettato da tutti come verità. E qual’ è il messaggio? Egli vuole dirci che dopo lo squillo della sesta tromba l’evoluzione dell’uomo è all’epilogo… che la settima tromba è ormai prossima a suonare e quando essa avrà suonato, si sarà compiuto il mistero di Dio, ossia tutto sarà compiuto, tutto sarà manifesto finalmente all’uomo, tutto gli sarà rivelato; quanto è stato a lui nascosto dal mistero si aprirà finalmente ai suoi occhi così come fu reso chiaro e percepibile da tempo ai profeti servi del Signore.

In altre parole, si vuol dire che col suono della settima tromba l’umanità perverrà ad un livello di coscienza e di conoscenza delle cose divine tale da essere chiare a tutti così come erano già chiare un tempo ai soli profeti di Dio che, profetando, annunciando il Suo Regno, evangelizzando, servivano il Logos ed operavano in Suo favore.

Il libriccino dolce e amaro

Poi la stessa voce che avevo udita dal cielo, di nuovo mi parlò e disse:” Va’, prendi il libriccino aperto dalla mano dell’Angelo che sta posato sul mare e sulla terra”. Io allora m’appressai all’Angelo pregandolo di darmi il libriccino. Egli mi disse: “Prendilo e inghiottilo: esso sarà amaro al tuo stomaco, nella bocca sarà dolce come il miele”. Presi il libriccino dalla mano dell’Angelo e lo inghiottii: nella bocca era dolce come il miele; ma dopo che l’ebbi inghiottito, le mie viscere si riempirono d’amarezza. Quindi mi fu detto: “È necessario che tu faccia ancora profezie su popoli, nazioni, e re senza numero”.

Giovanni prega l’Angelo di dargli il libriccino. Il passo sottolinea come si renda necessario un gesto, un atto di volontà, un’iniziativa di Giovanni per poter ricevere il piccolo libro: “Io allora m’appressai all’Angelo pregandolo di darmi il libriccino”. Si noti che, quando Giovanni in precedenza parla del libro dai 7 suggelli, si riferisce in senso generale al libro dell’umanità intera ed al tempo stesso di ciascuno. In questo frangente però usa il diminutivo e lo chiama “libriccino” poiché vuole segnalarci che si sta riferendo al suo personalissimo libro, vale a dire alle sue personalissime componenti che formano l’essenza globale della sua individualità; ed esso è libro in cui è trascritta la sua vita, non in senso umano, ma secondo il progredire della sua coscienza. Progressi sopraggiunti dopo lotte, dolori e, a volte, sconfitte; è in definitiva il libro ove è annotata passo passo la conquista della condizione super umana di Giovanni. Non a caso l’Angelo gli dirà di mangiarlo anticipandogli che l’ingestione di esso gli darà dapprima amarezza allo stomaco e poi dolcezza al palato. Un paradosso sembrerebbe a prima vista poiché quando si mangia prima si sente il sapore e poi semmai si avvertono al ventre le conseguenze di ciò che si è mangiato. Invece l’ordine inverso usato dall’Angelo ha un suo significato ben preciso: ogni battaglia comporta lotta, dolore, straziante fatica, qui simbolizzate dall’amarezza della digestione, ossia le esperienze del vivere. La vittoria che ne segue è però dolce, dà soddisfazione, ripaga il sacrificio affrontato; è la dolcezza dal sapore di miele che gusta Giovanni in quanto è un “vittorioso”.

Ma perché è necessario che egli ingerisca il libriccino? Che cosa vuol significare l’immagine? L’ingestione dona a Giovanni la visione globale del suo percorso spirituale incluse le varie incarnazioni umane che gli hanno reso possibile la realizzazione dell’impresa.

Al termine della visione però l’Angelo, ossia il suo “Sé”, gli preannuncia che il suo compito non è ancora terminato in quanto dovrà profetare ancora ed ancora, su “popoli, nazioni e re senza numero”. Tale conclusione lascerebbe intendere che l’opera di Giovanni sia indispensabile poiché senza tale suo intervento profetico l’umanità non sarebbe ancora del tutto pronta allo squillo della settima tromba.

Non possiamo non concludere dicendo che ciò che abbia fatto, faccia o farà Giovanni nel tempo cronologico umano – che poca importanza riveste – o nel tempo della Coscienza dei “Sé” – che molta importanza riveste – è questione che non può e non deve riguardarci, che non può e non deve essere argomento di nostra speculazione.

Ap.sse 12

La Donna Vestita di Sole

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Figura 19 : La donna vestita di sole

Occorre anche in questo caso fare una premessa che ci metta in condizione di comprendere il senso complessivo di tutto il passo che andremo ad esaminare.

Il significato di fondo è individuabile nell’opera amorevole delle cosiddette forze spirituali del bene, o di coesione, che contrastano quelle egoiche, del male, o di separazione. Ed è lotta, ed è battaglia su piani diversi dell’essere: quello fisico e quello animico; è infatti scontro in Cielo, ed è scontro in terra. Battaglie volte a sciogliere i legami che tengono avvinto l’uomo alla materia e al non-Sé.

In questa lotta tra le forze tenebrose e quelle della Luce, interviene, in soccorso, Colui che dalle altezze dell’essere scende nel carcere della carne per indicare all’umanità la Via acché essa non cada nell’inganno della materia e si smarrisca nella nebbia divenendo preda del drago.

Ciò a significare che l’uomo non è lasciato da solo a vincere se stesso; forze sublimi lo proteggono pronte ad aiutarlo se decide liberamente di abbandonare la zona d’ombra per spingersi verso la Luce. Le forze egoiche, qui simbolicamente indicate nella bestia, sono destinate a soccombere, ma la lotta è aspra e durissima.

La Donna ed il Dragone

E un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo: era incinta e gridava in preda alle doglie ed al travaglio del parto.
E un altro segno apparve nel cielo; ecco: un grosso dragone, rosso vivo, con sette teste e dieci corna. Sulle teste vi erano sette diademi; la sua coda si trascinava dietro la terza parte degli astri del cielo e li precipitava sulla terra. Il dragone si pose difronte alla donna che era sul punto di partorire, per divorare il bimbo appena fosse nato.
Ella, quindi, diede alla luce un figlio, un maschio, quello che era destinato a governare tutte le nazioni con verga di ferro. Sùbito fu rapito il figlio di lei verso Dio, verso il trono di Lui; mentre la donna riparò nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio per esservi nutrita per lo spazio di milleduecentosessanta (1260) giorni.

Esaminiamo il contesto : ciò che viene descritto (il primo segno ed il secondo segno) accade in Cielo, dunque sul piano sottile, eterico. Abbiamo dapprima la figura di una donna; essa opera nel fluire del tempo cronologico umano, contraddistinto dalle 12 stelle sul suo capo e la luna sotto i suoi piedi. Le prime indicano le dodici costellazioni dello Zodiaco[60], il cui ciclo esaurisce l’intero percorso dell’anno terrestre, ma altresì quello precessionale che dura 25.920 anni.[61] Anche la luna fa riferimento al tempo. In epoche remote il mese era infatti calcolato seguendo il ciclo lunare (metodo che ancor oggi influenza la cultura e la religione islamica) che, guarda caso, coincide con quello mestruale nella donna e dunque della sua fecondità.

La donna è avvolta dalla luce solare. Qui il sole non è l’astro celeste a tutti noto, bensì il simbolo del Genio Solare Universale: Il Logos! Il Logos la avvolge e la feconda. La donna infatti è incinta ed anzi sta per partorire e, quando partorisce, dà alla luce un maschio che governa con verga di ferro (cioè, si impone alla materia, la governa con fermezza). Tale fenomeno non è riferito a Gesù, o per lo meno, non solo a Lui; in tale ampia proiezione temporale, dobbiamo dedurre che il figlio che viene partorito dalla donna è, è stato e sarà, un profeta deputato alla guida e salvezza dell’umana progenie: Krishna, Buddha, Mosè, Gesù e forse altri ancora.

In cielo appare ora un dragone rosso vivo (Anche il colore vuol conferire qui un significato preciso. Si noti che è lo stesso colore del cavallo che giunge all’apertura del 2° sigillo: il rosso vivo indica dunque il colore dell’EGO.

Lo scrittore descrive la bestia dotata di 7 teste. La testa vuol simbolizzare l’intelligenza e la ragione e ogni testa ottiene successo ed onore umano, materiale, come si vede dal diadema – simbolo di orgogliosa superbia – posto su ognuna di esse. Il livello della sua forza sta nelle corna (armi durissime) e nel loro numero: dieci corna (cinque volte la forza del toro). L’animale è simbolo delle energie egoiche che tendono a trascinare verso la materia e quindi a separare ed allontanare dalla Luce. Infatti la coda del drago trascina un terzo delle stelle e le fa precipitare sulla terra: attira cioè verso la realtà terrena parte del mondo animico: sono coloro che scelgono di incarnarsi e conoscere il “non-Sé , la pars obscura di Dio: il male.

Anche nei confronti del bimbo, il drago vuole esercitare la sua forza attrattiva sommergendolo di egoismo ed individualismo: nel racconto esso si pone dinanzi alla donna che sta per partorire, ma il pargolo appena nato (cioè, il profeta in senso generale, non inteso come questo o quello) non può essere preda del drago (cioè dell’egoità), egli è più forte poiché la Sua essenza è tale da vibrare con Dio, in Dio; questo il significato dell’essere sùbito “rapito verso Dio”. Anche la donna, questa sorta di divinità al femminile, è messa in salvo in un luogo preparato da Dio nel deserto. La donna divina vi sosterà per 1260 giorni[62] e colà verrà nutrita.

Guerra in cielo

E vi fu guerra in cielo: Michele con i suoi angeli ingaggiò battaglia con il dragone; e questo combatté con i suoi angeli; ma non prevalsero: il loro posto non si trovò più nel cielo: Fu, infatti, scacciato il grande dragone, il serpente antico, quello che è chiamato diavolo e satana, colui che inganna tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Udii allora nel cielo una gran voce che diceva: “Ora si è attuata la salvezza, la potenza e la regalità del nostro Dio e il potere del suo Cristo, dal momento che è stato scacciato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che giorno e notte li accusava davanti al nostro Dio. Ma essi lo hanno vinto mediante il sangue dell’Agnello e per la parola da loro testimoniata; non amando la loro vita fino alla morte!
Per questo rallegratevi, o cieli, e voi che in essi dimorate.
Guai alla terra ed al mare, ché il diavolo a voi è disceso: un’ ira veemente ha nel cuore, perché sa che breve è il suo tempo.”

Esaminiamo il contesto: ci troviamo ancora in Cielo, cioè su piani sottili della realtà.

In tale ambito si svolge lo scontro tra le forze del bene e del male. Queste ultime soccombono ed in Cielo non si trova più neanche il loro posto. Dio ed il Suo Cristo le hanno vinte. La funzione in Cielo delle forze arimaniche, egoiche, si è esaurita, ha avuto compimento. Le forze divine, il sacrificio di Gesù e la testimonianza delle anime dei santi, hanno fatto sì che venisse invertita la rotta, quella che dalle stelle portava anime verso alla terra. Le forze egoiche sono state scacciate dal Cielo e precipitate sulla terra; esse però potranno ancora esercitare la loro influenza sia sulla terra che sul mare, ossia sul piano materiale ed eterico, i due piani più grossolani della realtà, non più quindi sul piano spirituale: “Guai alla terra ed al mare che il diavolo a voi è disceso (…)”. Si, il diavolo non è ancora sconfitto del tutto, ma lo sarà, il tempo che gli rimane però è breve.

Guerra sulla terra

“Il dragone vistosi scaraventato sulla terra, s’accinse a perseguitare la donna, quella che aveva dato alla luce il figlio maschio. Ma furono date alla donna due ali della grande aquila, con cui poter volare nel deserto, nel suo luogo, dove è nutrita per un tempo, due tempi e metà di un tempo, al riparo dagli attacchi del serpente. Allora questo vomitò dalla sua bocca un fiume di acqua gettandola contro la donna per sommergerla; ma ad essa venne in soccorso la terra che aprì la sua bocca ed assorbì il fiume che il dragone aveva emesso dalla sua bocca. Allora questo s’adirò maggiormente contro la donna e si mise a far guerra contro i rimanenti della sua discendenza di lei, quelli che osservano i comandamenti di Dio e posseggono la testimonianza di Gesù. Si pose sulla spiaggia del mare.”

Esaminiamo il contesto: ciò che viene descritto avviene in terra e mare, ossia sui due piani più grossolani della realtà: quello materiale e quello eterico.

Il dragone (le forze dell’ego) ormai può operare solo sulla materia (corpo fisico ove hanno sede gli istinti e le brame) e sull’acqua (corpo eterico ove hanno sede i sentimenti e le emozioni); due piani strettamente connessi tra loro ed intersecantisi. Il drago cerca di esercitare il suo fascino sulla donna e fecondarla attraverso un gigantesco getto d’acqua – operando cioè sul piano emozionale – ad imitazione dei viluppi del Sole/Logos che in Cielo la rivestivano; ma la donna rimane immune poiché l’acqua viene attratta da ciò che le è connaturale: la sabbia del deserto su cui riposa la donna, ossia la terra che assorbe ed assimila l’acqua; infatti solo un corpo superiore può operare fecondando l’inferiore, così l’acqua (l’eterico) può proiettarsi solo verso la terra (la materia). Il dragone, nulla avendo potuto contro la donna, è spinto allora a volgersi verso la stirpe di lei: verso coloro, cioè, che seguono i comandamenti di Dio o che ascoltano la Parola di Gesù, ossia di coloro che ascoltano e seguono la parola dei profeti partoriti dalla donna, per tentarli, insidiarne la fede e la fermezza morale stimolando ed esaltando, una volta ancora, il loro ego.

Il dragone allora si pone sulla riva del mare, nel punto, cioè, in cui vi è contatto tra il corpo fisico dell’uomo e quello eterico.

La lotta prosegue. Vedremo la bestia che sale dal mare e la bestia che sale dalla terra.

Ap.sse 17

La grande Meretrice

Poi uno dei 7 angeli dalle 7 coppe s’avvicinò a me e mi disse: “Orsù, voglio mostrarti il castigo della grande meretrice che sta assisa su acque copiose; con essa i re della terra hanno fornicato e col vino della sua prostituzione si sono inebriati gli abitanti della terra”. Mi trasportò quindi in spirito nel deserto, dove vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, piena di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. La donna era vestita di porpora e di scarlatto, tutta adorna di gioielli d’oro, pietre preziose e perle; teneva in mano una coppa d’oro ricolma di abominazioni e di impurità della sua prostituzione. Sulla fronte portava scritto un nome simbolico: “la grande Babilonia la madre del le meretrici e delle abominazioni della terra”. E potei scorgere come la donna fosse ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù.

Ap.sse 20

Il Regno millenario

“Quindi vidi discendere dal cielo un angelo con in mano la chiave dell’Abisso ed una grossa catena. Afferrò il dragone, il serpente antico, quello che è chiamato diavolo o satana, e l’incatenò per mille anni; quindi, gettatolo nell’Abisso, chiuse e vi pose il sigillo, affinché non potesse più sedurre le genti fino al compimento dei mille anni, quando dovrà essere sciolto, ma per breve tempo”.

Il “dragone”, il “serpente antico” simboleggia il Male, che è strettamente legato alla incarnazione degli spiriti sulla terra. Dunque, quando troviamo tale termine dobbiamo intenderlo come “incarnazione” ossia discesa nel Non-“Sé”: colà dove le forze egoiche – le c.d. controspinte – sviluppano la loro maggiore energia.

“Apparvero poi dei seggi; a quelli che vi si assisero fu data possibilità di giudicare; vidi, inoltre, le anime di coloro che sono stati decapitati a causa della testimonianza di Gesù e la parola di Dio, come anche le anime di quelli che non hanno adorato la bestia e la sua immagine, né hanno ricevuto il marchio sulla fronte o sulla mano: resuscitati, entrarono con Cristo nel regno millenario. Ma gli altri morti non risuscitarono prima del compimento dei mille anni.”

Soltanto coloro che hanno seguito il Cristo, che non hanno adorato la bestia, ovverosia il mondo ed i suoi falsi splendori, portandone il marchio sulla fronte (nei pensieri) e sulla mano (nelle azioni), coloro, quindi, che, operata una totale metànoia, avranno trasmutato i tre corpi (ordinario, Sottile e Causale) consentendo al loro “io sono” di fecondarli, saranno “resuscitati” (ossia godranno della “prima resurrezione”). Non avranno più necessità di reincarnarsi (non saranno, cioè, soggetti alla lotta con il dragone ed al pericolo della morte secunda). Costoro hanno accesso al “Regno Millenario”, ovverosia al Corpo Mistico del Cristo come viene definito dalla Chiesa Cattolica, in quanto la loro evoluzione individuale ha avuto compimento e sono pertanto salvi. Gli altri, “morti” perché legati ancora al ciclo delle rinascite, continueranno ad incarnarsi sulla terra, (nell’Abisso), in continua lotta con le forze luciferiche e con la possibilità di cadere definitivamente tra gli artigli del “dragone” (di incorrere, cioè, nella “morte secunda” ovvero nella morte dello spirito).

“Questa è la prima resurrezione. Beati e santi coloro che hanno parte alla prima resurrezione: su di loro la seconda morte non ha potere; saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per i mille anni”.

Il lasso temporale è chiaramente simbolico; il termine mille anni non va infatti inteso come tempo umano[63], ma – come ormai sappiamo – come tempo dello spirito, ossia tempo di evoluzione. In questo caso, quindi, è da intendersi come tempo – più o meno lungo se visto cronologicamente – in cui uno spirito raggiunge un certo grado di consapevolezza o di coscienza; tale crescita avviene e prosegue senza reincarnazioni nella dimensione sottile del Regno.

L’estremo combattimento

“Una volta compiuti i mille anni, satana sarà lasciato libero dal carcere e uscirà ad ingannare le genti dei quattro angoli della terra, cioè Gog e Magog, convocandoli per la guerra; il loro numero uguaglia l’arena del mare. Saliti sull’altipiano della terra, presero d’assalto l’accampamento dei santi e la città diletta. Ma scese dal cielo da parte di Dio un fuoco che li divorò”.

Trascorsi i mille anni il dragone sarà di nuovo liberato, ma per poco tempo: tale asserzione va intesa nel senso che agli eletti, già salvi, sarà data la possibilità di reincarnarsi, forse per una sola vita terrena (il testo dice: per poco tempo ancora); ma in questo caso non perché ne abbiano necessità individuale – avendo completato il ciclo evolutivo nel mondo della carne – ma perché, spinti da esclusiva pulsione d’amore, scelgono di tornare per aiutare chi è rimasto indietro e cioè i fratelli ancora avviluppati nella ruota delle rinascite e dunque del male, e dunque del dragone antico: satana. In altre parole: la loro non sarà una incarnazione di prova, bensì di lotta per la salvezza dei fratelli minori, schiavi ancora delle forze egoiche.

“Ma scese dal cielo da parte di Dio un fuoco che li divorò”.

Ma cos’altro è da intendere se non il “fuoco” d’amore che Dio, per il tramite dei “residenti” nel Regno millenario, fa scendere dalle Sue Altezze?

“Il diavolo, loro seduttore, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, proprio dove si trovano la bestia e lo pseudo-profeta: saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli”.

Lo stagno di fuoco rappresenta la seconda morte, quella dello spirito: chi sceglie liberamente di non fare ritorno alla Casa del Padre, chi liberamente rifiuta Dio, perderà il Grande Dono dell’io sono. La scintilla divina che aveva costituito la sua individualità tornerà, indifferenziata, all’Unico Tutto. Nessuna deminutio per Dio; l’annullamento è soggettivo per chi liberamente scelse di non ricongiungersi all’Uno. Costoro, i morti nello spirito, saranno immersi in uno stagno le cui fiamme non divorano perché l’infernale palude è immota, priva di azione e di dolore, priva di pensiero e di coscienza: l’Isola dei Morti, come è simbolicamente rappresentata nei dipinti di A. Bӧcklin.

Sarà poi così? Forse, al di là del grande Mistero, si cela l’intervento amoroso della Grazia.

Quanto illustrato con forti immagini allegoriche nel testo dell’Apocalisse in relazione al Regno millenario, alla prima resurrezione degli Eletti ed al combattimento finale, non attiene ad eventi globali collocabili in un tempo futuro. Ciascuno di noi ha la propria Apocalisse. I martiri ed i santi sono già partecipi del Corpo Mistico. Taluno di essi si è già reincarnato ed ha svolto la propria missione salvifica combattendo contro il dragone in soccorso dei fratelli più piccoli e più fragili. L’estremo combattimento si svolge, acerrimo, hic et nunc.

Il conflitto, tuttora in atto ai quattro angoli della terra (cioè Gog e Magog), offre a tutti la possibilità di trovare scritto il proprio nome nel libro della vita e di ottenere la resurrezione finale. Alla fine le forze del Bene vinceranno (portae inferi non praevalebunt).

La Resurrezione finale

“Fuggirono il cielo e la terra ed il loro posto non si ritrovò più”

Qui il significato è più chiaro. Il dissolvimento del cielo e della terra altro non significa che la cessazione della dimensione spaziale non più necessaria ai “risorti”.

Tutti i morti (grandi e piccoli) stavano davanti al trono ad assistere all’apertura di alcuni libri e di quello della Vita. Sui primi era scritto e registrato l’operato di ciascuno. Poi la Morte e l’Ade furono gettati nello stagno di fuoco. Anche in questo caso dobbiamo ritenere che entrambe non abbiano, in questa fase, ragione alcuna di permanere. Gli spiriti di costoro hanno conosciuto la morte e non avendo più necessità di reincarnarsi non sarà più necessario che esista né lo stagno di fuoco né l’Ade che è la “dimensione” nella quale permangono gli spiriti che attendono di tornare a reincarnarsi per completare il loro ciclo di perfezionamento, quelli diretti al Regno ed infine quelli che vi transitano prima di autodistruggersi nella morte secunda; infatti è scritto : “Nello stagno di fuoco fu gettato anche chi non fu trovato scritto nel libro della Vita”.

Ed allora, operando sempre il bene, ci allontaniamo dalla zona d’ombra per accostarci a quella luminosa: ecco l’importanza dell’actio in amore sempre e comunque, anche verso il proprio nemico e verso chi ci odia. Si comprende ora la ragione per cui Gesù ci invita sempre a perdonare e a porgere l’altra guancia? Se siamo capaci di ciò, avremo creato delle brecce, dei canali che permettono al Grande “Sé” (la parte divina in noi) di comunicare agevolmente col piccolo “sé”, mutando quest’ultimo ed i corpi inferiori in “Sé” spirituale, spirito vitale e uomo spirito. Vinto il male, ossia il non-“Sé”, non si è più infettati da esso ma, al contrario, si arderà d’amore per il fratello.

Alla luce di ciò possiamo affermare che la “Resurrezione” (in questo caso non v’è distinguo tra la prima e la seconda) consiste proprio nel ritorno nella zona di Luce ove non vi è più pianto e dolore e morte. E, del resto, non potrebbe essere altrimenti, giacché la funzione del dolore è venuta meno; esso non è più necessario quale pungolo o stimolo che aiuti a contrastare l’egoità ed a rendere ciascun individuo consapevole del fatto che la separatezza è apparente e che essa si dissolve in un “Io sono” più grande. È per tale ragione che una coscienza, di elevato livello, comporta amore, amore altruistico, amore umanamente sconosciuto, di così elevata forza da far quasi dimenticare se stessi. Ecco perché il dolore non necessita più. Il risorto è giunto a tale livello di sensibilità, che la sua unica preoccupazione è rivolta in direzione del fratello, specie quello che è rimasto indietro, quello che ancora si dibatte nella zona oscura dell’Essere e che pertanto va aiutato a raggiungere la Luce. Ecco ciò che stanno facendo le nostre Guide in modo palese nei nostri confronti; ecco ciò che fanno gli spiriti eletti nei confronti di tutti gli individui della terra che rimangono per lo più ignari di tale aiuto celeste (pur sempre rispettoso della loro libertà, delle loro libere scelte).

Apocalisse 21

La Nuova Creazione – La Gerusalemme Celeste

Al termine di un lungo processo evolutivo (realizzato anche attraverso quello che chiamano ciclo delle rinascite in cui tanto aspra appare la lotta tra le due nature dell’uomo – quella materiale ed istintuale e quella luminosa e sottile -) abbiamo la grande, straordinaria ed inimmaginabile trasformazione: il passaggio dalla condizione di uomo a quella di super-uomo, la c.d. deificazione dell’individuo.

Per meglio comprendere, dobbiamo ancora una volta tradurre in parole correnti alcuni termini usati dall’autore; quando egli vuole riferirsi al corpo fisico dell’uomo utilizza la parola “terra”, mentre adopera il termine “cielo” quando vuole riferirsi allo spirito (la componente più elevata e sottile); con la parola “mare” egli vuole invece intendere la parte animica intermedia che si frappone tra i due citati. Dunque, quando l’autore afferma: “Poi vidi un cielo nuovo ed una terra nuova. Infatti, il cielo e la terra di prima erano scomparsi; neppure il mare c’era più.” dovremo interpretare nel modo seguente: “I vecchi corpi costitutivi dell’uomo – fisico ed astrale – non erano più visibili, al loro posto ve n’erano di nuovi – un nuovo cielo ed una nuova terra appunto – ed anche il corpo eterico era scomparso. Quest’ultimo, infatti, avendo fatto da tramite – potremmo dire da interfaccia – tra l’astrale ed il fisico vecchi, non ha più ragion d’essere in quanto i due, ormai trasformati, non necessitano più di tale “mezzo”.

Giovanni ora vede il nuovo corpo dell’uomo e lo descrive come una città, una città santa: la Nuova Gerusalemme. Se prima l’uomo era stato simbolicamente equiparato ad un tempio (“Distruggete questo tempio ed io lo ricostruirò in tre giorni”, dice Gesù – v.si Giov. 2/18-22 -), ora, dopo la trasformazione, è equiparato ad una città; il mutamento da tempio a città è il risultato di una conquista, essa rappresenta il premio per colui che riesce “vittorioso”; nella città non vi sarà né dolore né morte (entrambe infatti non sono più necessarie all’evoluzione dell’uomo), anzi Dio Stesso vi dimorerà, a significare il raggiungimento di una completa purificazione: con la perdita della corporeità, della fisicità, e quindi della scoria, vi è la divinizzazione dell’individuo.

La Nuova Gerusalemme è anche definita la fidanzata o la sposa dell’Agnello e, nella descrizione che ne viene fatta, appare costituita da materiale preziosissimo e sfolgorante. La sua base poggia sopra 12 strati nei quali è scritto il nome dei 12 apostoli di Gesù; ciò a simbolizzare che la città poggia sulla Parola del Cristo, ed infatti furono gli apostoli a diffondere e a predicare la Buona Novella per il mondo.

Ha una forma cubica e, come sappiamo, il cubo è simbolo di stabilità in opposizione all’impermanenza del mondo della materia. La città misura 144 cubiti per ogni lato e 144 cubiti di altezza misurano le sue mura; vien detto che tale è la “misura d’uomo cioè di angelo”; l’autore qui vuol dirci che essa è strutturata non già con quelle dimensioni in senso letterale, ma che possiede le caratteristiche proprie dell’uomo angelicato ossia dell’uomo divinizzato.

Essa è inoltre dotata di dodici porte – tre per lato – sormontate da 12 angeli recanti i nomi delle 12 tribù dei figli di Israele (ossia della totalità del popolo); poiché sappiamo che per ogni tribù vi sono 12.000 segnati (V.si Ap.sse 7/1-8), avremo un totale di 144.000 “segnati”[64], ottenendo ancora la ricorrenza del numero che indica l’uomo/angelo: il 144 (se applichiamo poi a tale cifra la somma esoterica pitagorica, avremo 1+4+4=9 numero, pari a 3 volte 3, che completa la serie trinitaria del Divino). Ma che cosa vuole intendersi con ciò? Attraverso quelle porte può accedere chiunque appartenga al novero dei salvati; in altri termini attraverso le porte della città è consentito entrare in contatto con le Coscienze dei segnati ed a tale scopo sono preposti gli “Angheloi”, i nunzi, i quali hanno la funzione di veicolare il transito, direi meglio il flusso, della corrente delle Coscienze attraverso i citati varchi, così come farebbe una folla di persone che entri o esca da una cinta muraria cittadina[65]. Tale allegoria è equiparabile al “Corpo Mistico di Cristo” della religione Cattolica e, in quanto tale, l’individuo, il piccolo minuto individuo, percepirà di essere contemporaneamente se stesso ed il tutto, o anche solo porzione di quel tutto. Si sentirà come – volendo ricorrere ad una semplice similitudine – il violinista che, pur rimanendo tale, avvertirà di essere al contempo “archi” o anche l’intera orchestra. In altre parole, avrà conquistato l’ampliamento della Coscienza in misura e qualità strabilianti rispetto alla Coscienza di cui dispone l’uomo incarnato. Per fare ancora un esempio, la coscienza di me potrebbe abbracciare o, per meglio dire, espandersi al contempo in quella dello scienziato, del fabbricante di scarpe, del dentista, del poeta, dello scalpellino, del contadino, del lavapiatti, del meccanico, dell’ingegnere, del farmacista, del predicatore, del martire, del gobbo, del cieco, del pescatore etc. etc., acquistando, in definitiva, un patrimonio incredibilmente immenso costituito dalla coscienza ora di questo, ora di quello o anche dalla somma delle coscienze evolute di molti, di moltissimi, tanti quanti gli abitanti di un’intera città per l’appunto, e financo di tutti… nell’Unità del Cristo!

All’interno della Città Santa non vi è tempio essendo Dio Stesso e l’Agnello tempio e lampada di essa. Dunque, non v’è corpo così come noi lo intendiamo oggi da incarnati, poiché il corpo è Dio Stesso, come dire che la Divinità abbraccia ed avvolge tutti.

“Ma tempio non vidi in essa: il Signore Dio, l’Onnipotente, insieme all’Agnello, è il suo tempio. E la città non ha bisogno della luce del sole o della luna: la gloria di Dio, infatti, la illumina e l’Agnello ne è la lampada” (Ap.sse 21/22-24).

Questo il senso generale dello scritto che chi scrive è in grado di offrire al lettore; ovviamente in esso si celano molte più cose comprensibili solo a chi è maestro o ha dimestichezza di numeri, di Qaballah, e possiede spiccata sensibilità alla interpretazione delle allegorie profuse nel messaggio.

Fin qui è da ritenere sufficiente sapere che Giovanni (iniziato ai Misteri ed apostolo di Gesù), con questo importantissimo testamento ispirato (mal compreso nei secoli), vuole dirci che il cammino dell’uomo è esperienza e lotta, frutto di libera scelta, che lo farà giungere, se vittorioso, all’ampliamento esplosivo della sua Coscienza o, al contrario, se soccombente, all’annichilimento dell’Io nella Morte Secunda.

Dunque, se si sceglie di Vivere, Acqua di Vita è pronta ad essere offerta all’assetato che, così scegliendo, muterà anche i suoi occhi che diverranno in tal modo atti a vedere il cammino da percorrere: il sentiero luminoso e misterioso del Padre Nostro Celeste.

Note

  • 51 : La Rivelazione in realtà è dono di Gesù Cristo a Giovanni – cui fu richiesto di metterla per iscritto -e a tutti coloro che si trovino nel tempo, ossia siano pronti a riceverla e a comprenderla.
  • 52 : Avrò mutato, attraverso l’inchino fecondatore dell’Io Sono, i miei corpi fisico, eterico ed astrale in Budhi Atma e Manas (altresì definibili in: spirito vitale, uomo spirito e “Sé” cosciente spirituale).
  • 53 : E’, in certo qual modo, l’Ares degli antichi greci, cioè la divinità che portava messaggi dal mondo superno nascosto agli uomini mortali.
  • 54 : Fotismos: illuminazione per folgorazione. Ciò fu però riservato ad una ristrettissima cerchia poiché la pur dolce violenza del fotismos non è libertà “plena”.
  • 55 : Taluno vuole vedere in tale opera il dischiudersi dei 7 “Chakras” maggiori, termine sanscrito per indicare i c.d. “fiori di loto” che secondo credenze indù sono centri di energia di cui disporrebbe l’uomo; questi, una volta schiusi, permetterebbero di percepire la realtà sottile invisibile all’individuo che dispone dei soli sensi fisici.
  • 56 : Potremmo dire, senza voler essere perciò blasfemi, che qualcosa di analogo avvenne con il dittatore Hitler che interpretò – in misura più ridotta, ovviamente, ed in versione umana opposta – lo spirito di un popolo, quello tedesco, rappresentandolo.
  • 57 : Fatta eccezione per il centauro Chirone, dall’indole mite, saggio e conoscitore dell’arte medica, che fu precettore e maestro di Achille figlio di Peleo, l’eroe mitico della guerra di Troia.
  • 58 : Tale brillamento, come si è detto, è la luce scomposta sotto forma di iride per opera del Logos creatore.
  • 59 : Tale immagine fa presupporre che il “Sé” di Giovanni ha pieno dominio sulle sue parti inferiori e ciò non perché il “Sé” quale porzione divina glielo abbia imposto, ma perché il libero arbitrio concesso da Dio al piccolo “sé” – dunque a Giovanni incarnato – ha accolto il “Sé” grande permettendo il trasmuto dei corpi sottili.
  • 60 : Lo Zodiaco siderale (da non confondere con quello astrale, di epoca successiva) era conosciuto sin dai tempi dei Sumeri (4000 a. C. circa), e suddivideva la volta celeste in 12 case che racchiudevano altrettante costellazioni – visibili ad occhio nudo e chiamate con nomi fantastici – , ciascuna delle quali occupava 30° gradi della circonferenza della volta, per un totale di 360° gradi.
  • 61 : La precessione degli equinozi costituisce un movimento della terra della durata di 25920 anni. Il sole, a causa di tale movimento, sorge, per 2160 anni, in una delle case dello Zodiaco: Allo scadere di tale tempo, il sole sorge nella casa zodiacale successiva. Gesù, ad es., è nato quando il sole sorgeva nel segno dei “Pesci”, mentre da poco siamo entrati nel segno dell’”Acquario”.
  • 62 : Con i dovuti arrotondamenti: se dividiamo i 1260 giorni per i 360 giorni di un anno, otterremo 3,5, ossia tre anni e mezzo che, come si vedrà appresso, l’autore indica anche come: “Un tempo, due tempi e metà di un tempo.
  • 63 : Men che meno con la “questione chiliastica”, il millenarismo secondo il quale lo scoccare dell’anno mille avrebbe segnato il termine ultimo per il compimento dei tempi con conseguente fine del mondo.
  • 64 : Tale cifra sembra contrapporsi in modo evidente al numero “666”, il numero della bestia, che è poi numero d’uomo, come ci dice lo stesso evangelista. Osserviamo intanto che se applichiamo lo stesso metodo pitagorico per il computo, vedremo che 6+6+6 ci darà 18 e che l’ulteriore somma 1+8 ci fa giungere al 9 ossia alla stessa cifra del 144 (1+4+4 =9). Ciò a significare che lo stesso individuo (indicato con la cifra 9) può essere uomo/bestia o uomo/angelo, a seconda che abbia o non percorso una certa serie di tappe evolutive sul piano della coscienza.
  • 65 : Pietro Ubaldi nei suoi libri definisce tali flussi di pensiero “Nouri” o “correnti nouriche”.
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