Seconda lapide

La Preghiera

SECUNDUM MOVENS PRECATIO ,

NON QUOD QUISQUE ALIQUID REPOSCAT

SED QUOD DEI VOCEM AUDIAT ;

QUARE HOC DICENDUMST :

FIAT VOLUNTAS TUA PATER MI

QUIA IN TE CONFIDO

ET TUA CUM INTERCESSIONE

IN HOMINIS HISTORIAM

INGREDI CUPIO

UT SPERO

TRADUZIONE

IL SECONDO MOVENTE È LA PREGHIERA,

NON AFFINCHÉ CIASCUNO RICHIEDA

INSISTENTEMENTE QUALCOSA

MA AFFINCHÉ (CIASCUNO) ASCOLTI LA VOCE DI DIO;

PER CUI È QUESTO CHE BISOGNA DIRE:

SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ PADRE MIO

PERCHÉ IO CONFIDO IN TE

E MEDIANTE LA TUA INTERCESSIONE

BRAMO ENTRARE NELLE VICENDE UMANE

COSÌ COME SPERO

Se il primum movens era la speranza, il secondo moto è la preghiera. La preghiera però intesa non come comunemente si intende, ossia una preghiera di richiesta reiterata e pressante affinché vengano esaudite e soddisfatte solo le nostre necessità umane, bensì affinché sia concesso al richiedente di poter intendere la voce del Padre, di poter ottenere cioè la capacità di ascoltare e dunque comprendere la voce di Dio.

Non possiamo trascurare di porre la nostra attenzione su questa importante forza energetica che può liberarsi attraverso la preghiera ed al modo in cui questa debba essere formulata.

Nei Vangeli è indicato che la preghiera deve essere intima e perciò da pronunziarsi al chiuso della propria stanzetta; non deve essere verbosa ed altisonante, ma spontanea e con parole sincere che vengono dal cuore, ‘sì da essere più gradite a Dio che aspetta il contatto dal proprio figlio che Lo cerca e Lo invoca.

Pertanto, la lapide suggerisce che cosa chiedere ed il come chiedere:

Sia fatta la Tua e non la mia volontá Padre Santo. Ma io so per certo che, poiché in Te confido, potrò per Tuo tramite sperimentare l’umana condizione; come io bramo e spero che sia.”

V’è il richiamo ancora una volta alla Speranza che mai dovrebbe venire meno, per le ragioni che abbiamo esaminato nella precedente lapide.

Ma, v’è da chiedersi, quale istante sembra che la lapide voglia indicarci?

Potremmo dire – volendo usare una immagine a noi familiare – che essa colga il momento della “cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre”; che non è una cacciata invero, bensì un allontanamento volontario (non reale, ma apparente come sappiamo) dei Sé dal seno di Dio, i quali liberamente scelgono di “conoscere” per prendere coscienza di Se Stessi e della loro reale natura, reale essenza: divina essenza.

Dalle guide:

Non può esservi distinzione tra preghiera lecita e non poiché non v’è in realtà discrimine. Si può chiedere per se stessi ed ottenerlo, si può chiedere per altri ed ottenerlo.

Ad esempio il pittore austriaco (Adolf Hitler – n.d.r.-) che sognava il regno millenario chiese il potere. E lo ottenne. Nessuno glielo negò.

Tutti, dunque possono chiedere per sé o per altri. E tutto ciò che desiderano. E tutto quanto sarà stato richiesto sarà esaudito… a meno di una variabile: la forza della preghiera e l’indirizzo cui è rivolta.

Posto che non sussiste alcuna reale dicotomia fra “Spirito” e “Materia”, ed essendo l’Uno Unico e Solo, tutti gli individui fanno parte della sola unica realtà che in Dio è e vive. Or, dunque, se io mi rivolgo ad una parte di me stesso – una più bassa, od una più alta, non importa – io avrò soltanto evocato quel “Conosci Te Stesso” che evocherà a cascata le forze che – ignote fino ad allora – appena conosciute avranno possibilità di dispiegarsi ed agire. Ciò vale analogamente per i “Miracoli”. Si badi che il miracolo può avere versione proiettata al Bene… od al Male (essenzialità inesistenti secondo i canoni umanamente intesi): così quel pittore pregò – potremmo dire – tanto fortemente da aggiogare l’intera Europa in pochi anni. Miracolo? Sì. Un miracolo… in negativo. Materiale. Umanissimo? Divino? Né l’uno né l’altro. Il mero risultato della coniugazione poderosa e capace di “Spostare le Montagne” fra i tre Corpi, “in preghiera”. Preghiera verso Dio… e cioè verso Sé STESSI.

Ecco che cosa vuol dire veramente “Pregare”. Vuol dire il “Conosci Te Stesso” per rivolgerti a Te Stesso, e dunque all’Unica Origine da cui hai preso partizione. Puoi rivolgerti all’infimo od al supremo, oppure alla via che sta in mezzo. Puoi chiedere materia, potere, sesso, felicità, conoscenza e.. persino Dio!. Tutto sarà esaudito da Te per te; a seconda della forza di Libertà che imponi nella preghiera. A seconda della capacità di conoscere te stesso.

Rimane – indubitabilmente – il problema della preghiera “morale” rispetto a quella “immorale” (e non già, dunque, di quella “lecita” rispetto all’illecita – che non esiste).

La preghiera per eccellenza, come sappiamo, è quella che insegnò Gesù ai Suoi discepoli che Gli avevano chiesto come avrebbero dovuto pregare; essa è nota a noi cristiani come “Il Padre Nostro”, il cui significato appare tuttavia per molti versi oscuro.

Così, in tale chiave, proviamo a reinterpretare “La Preghiera” come ci viene suggerito dalle Guide:

“Padre Nostro che Sei nei Cieli”

O Tu dalla Cui Partizione provengo, e che permani al di là di me (ordinario) poiché non so conoscerTi

“Sia santificato il Tuo nome”

Sia reso Santo e Trascendente il Noùmeno a me inconoscibile che mi porta l’idea di Dio.

“Venga il Tuo Regno”

Sia realizzato il coniugio fra i tre Corpi, tale che io possa dirmi – conoscendo me stesso – unica parte di Te e dunque della Natura che essendo il Tuo, è anche il Mio Regno

“Sia fatta la Tua Volontà, così in Cielo come in Terra”

Sia fatta la Mia Volontà che è la Tua. Poiché Tu lasciandomi Libero fai ‘sì che io possa dispiegare per intiero la mia volontà. Dunque Tua e Mia Volontà Unica Volontà nel Determinante di Libertà.

“Dacci oggi il nostro pane Quotidiano”

Dammi ciò di cui ho bisogno (non dunque soltanto spirituale); dammi la materia se della materia Tu che in Me sei Tu hai (non bisogno) realtà di esplicitazione di Te nella Libertà di essere il Tutto ed il contrario di Tutto; il Bene e financo ….

“Rimetti a noi i nostri debiti come li rimettiamo ai nostri debitori”

Aiutami – o Tu che sei Me – a capire come ricucendo il male fatto si ricucirà la realtà divina di me; cosicché chi riparerà per me riparerà anche per sé; e dove riparerò per altri riparerò anche per me. Essendo io e gli Altri l’unico Uno.

“E non lasciare che la tentazione mi induca al Male”

E fa’ ‘sì che colà dove sarò tentato di rivolgermi soltanto all’ordinario – che del tutto lecito è – non mi disperda ed affoghi in esso, e nei sui piaceri, e nelle sue tentazioni, dimenticando ben migliore gaudio che il riportarmi a Te non può non comportare. Rendimi, dunque, non dimèntico della mia Natura con il lasciare che la maschera della pantomima m’inganni.

“Ma liberami dal Male”

Forse – o Signore – non sono da tale volo le mie ali; ed allora, laddove non riuscirò, va’ Tu contro le regole e porgimi la Mano della Provvidenza. Poiché la mia forza non riuscì a far di me ciò che il mio Sé aveva deciso. Ma… riproverò. Poiché Tu mi dai sempre Libertà

“E così sia”.

 

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