Quarta lapide

IL FATO

QUARTUM MOVENS FATUM INTELLEGERE

NON QUOD LABORIOSE HOC PATIENDUMST

SED QUOD BENIGNE ACCIPIENDUMST

NAM SICUT HOMINES

DEUS UNUM CUM NATURA ESSE VULT

IN BONA PARTE SUI ET IN OPPOSITA

+ + + +

Il quarto motore consiste nel comprendere il FATO (Ananche)

Non perché tormentosamente ciò sia da sopportare,

ma perché benevolmente sia da accettare (accogliere).

Infatti, così come accade per gli uomini,

in uno con la natura, Dio vuole Essere!

E ciò vale sia per la sua parte luminosa

che per la sua parte opposta (ossia di ombra)

Premesso che Dio Uno Tutto è tale perché omnicomprensivo. Nulla al di fuori di Lui in perfetta armonia e perfezione. Perché ciò sia, in Dio non può non essere ricompreso anche il Male (privo di accezione morale), ovvero il Non-Sé o regione dell’Ombra.

Così vorrei in proposito richiamare il concetto di peccato originale che È in DIO!

E così come è in Dio sussiste anche nell’uomo fatto a Sua immagine e somiglianza.

Ci fu detto che esiste solo il bene e che il male è solo assenza di bene. Del pari diremo che il male appare dall’allontanarsi da Dio come bene assoluto. Tutti i peccati, che appartengono agli spiriti, sono commissivi in proprio attraverso omissione: è il “non factum” che diventa l’ “alium factum”, poiché io condurrei ogni mio agire secondo volere di Dio e solo per libera scelta posso allontanarmene, ben sembra ch’io faccia qualcosa di male, ma quel fare qualcosa di male è solo l’avere omesso di fare il bene e per volontà mia avrei compiuto.

Allora Dio partisce Sé negli spiriti umani; ma così come l’idea di Dio viene all’umile uomo fatto di terra da Dio, gli viene anche donata la parte del non Sé di Dio. Questo e solo questo è il “P.O.” perché in sé e per sé origine della creatura in quanto espressione ed immagine di Dio. Ma mentre Dio sceglie Sé e sempre Sé ( non perché sia giusto scegliersi ma perché va da se che sia così in Sé e per Sè ) l’uomo ha – e qui è la Grazia che si sposa ed aderisce alla parola- Libertà di scegliere se confarsi e quindi agire secondo la parte di Dio che è in Sé o di non agire ed omettere la condotta che dovrebbe avere aderendo a Dio, facendo sì che di fatto agisca altrimenti con il non agire secondo Dio.

Bene. Dati questi spunti di riflessione, viene da illustrarsi il problema dell’ “Isola dei morti” come momento perenne, sganciato dal tempo e dallo spazio e chiaramente allegorico, della Misericordia di Dio e della richiesta del perdono. Quando uno spirito che ha seguito il non agire secondo Dio ha – di fatto omettendo ciò che era il dettame della parte di Dio in Sé – ha agito, si diceva, in malo modo, allora egli ha praticamente cambiato rotta e si è – potremmo dire per intenderci – autoannullato portandosi così verso la dissoluzione della parte di Dio che, non potendo essere distrutta, sfugge e fugge da LUI cacciata.

Solo un atto d’amore può ridarti la coscienza, ma attraverso l’unica chiave che dà la coscienza della conoscenza e la conoscenza della coscienza: il dolore della Croce, dove il Logos “incarnato” ha preso su di Sé i “Peccati Originali” del mondo. Ed ecco la discesa agli inferi/limbo coloro che muoiono prima del battesimo, intendendo per battesimo il momento in cui entri nella coscienza, dicono i cattolici della chiesa. Ma ciò vale per tutti coloro che, pur non appartenendo ad alcun rito e ad alcun credo, volgano verso l’alto il proprio sguardo a Dio.  Cristo da quella Croce ridona la coscienza perché ristora lo Spirito e ricongiunge – cacciato dalla volontà dell’uomo – nell’uomo ridando ancora la possibilità di scegliere tra il guardare la parte bona e la parte mala. È questo il meccanismo che dobbiamo pur sempre intendere come un momento che viene vissuto al di là del tempo e dello spazio e senza parametri che possano aderire al nostro tempo ed al nostro spazio che si ritrovano sull’isola. Quando un’anima sceglie, e sceglie di riprendere la parte di spirito di Dio che ritorna a permearla, vede… vede l’orrore dell’avere da sé cacciato Sé, come in una sorta di cupio dissolvi e da lì la sofferenza per la perduta realtà. Da questo momento ancora la scelta perché ancora vige, persiste, impera il Peccato Originale ma senza il quale non vi sarebbe la grazia e la libertà di poter scegliere. E solo accogliendo la Parola del Cristo si può, dal Suo respiro verso il Cielo spinto, giungere alla Nube e solo da codesto altissimo loco che poi – ma appartiene ai grandi misteri tra i grandi – può, sarà, si verificherà quella che avete impropriamente per l’isola definito come Resurrezione. Ma di ciò si parlerà in altro tempo. Quando Luca, a differenza di Matteo, scrive che un padrone aveva 10 servi cui diede 10 mine, una cioè a testa. Essi ritornarono chi avendole moltiplicate ed uno portando la stessa; quel padrone dirà che chi ha molto sarà dato, ricordate, chi ha poco sarà tolto anche quel poco. Perché quel colui avrà non fatto nulla; il non avere agito cioè secondo dettame della propria legge interna divina in quanto egli stesso parte di Dio, ma avere obbedito all’inane torpida pigrizia del non agire in amore omettendo dunque di seguire la legge divina che è legge che egli stesso si è dato. “E coloro che non vorranno seguire le mie leggi e che non vorranno da me essere governati siano fracassati da pietra”. Così Luca. Il “fracassati da pietra”, termine durissimo, viene utilizzato perché è lo spirito che se stesso annulla allontanandosi, portandosi verso un nihil di nulla che solo nei sepolcri tenebrosi dell’isola troveranno – fino a possibile pur sempre nuova scelta – albergo triste ed oscuro.

Bene fatta questa premessa cominciamo. E cominciamo dalla parte ultima della scritta incisa sulla lapide:

NAM SICUT HOMINES

DEUS UNUM CUM NATURA ESSE VULT

IN BONA PARTE SUI ET IN OPPOSITA

Infatti, così come accade per gli uomini,

in uno con la natura, Dio vuole Essere!

E ciò vale sia per la sua parte luminosa

che per la sua parte opposta (ossia di ombra)

Né potemmo tradurre che Dio vuole essere un tutt’uno con la Natura, ’ché Dio Uno/Tutto, in quanto Tutto è già in unione con la Natura.

Dunque, Dio vuole che la Natura sia tutt’Uno con Lui, non perché sia distaccata da Lui, ma perché essa dal non Essere passi all’Essere.

Dunque, l’emanazione che da Dio procede mediante il Logos, a Dio ha da far ritorno, ma il ritorno non consiste in sterile giostra, bensì in acquisizione di coscienza che potremmo definire espansione di Spirito Santo sulla Natura/Creato. Dunque, un ritorno con arricchimento di consapevolezza/coscienza. Passaggio dal non-Essere, ombra, male, incoscienza, all’Essere, luce, bene coscienza ed autocoscienza.

Ciò che vale per la natura vale parimenti per l’uomo.

Come abbiamo già constatato in occasione della terza lapide “La Natura VUOLE Essere”; anche in questa quarta è sotteso questo profondo concetto che costituisce il segreto che spiega anche il dolore che pervade la natura.

Ma come fa la natura a tornare a Dio per essere in unione con Lui? Solo attraverso quel “voluto” processo evolutivo che la permea e che coinvolge, alla fine, anche l’uomo … (ricordiamoci della voluntas tertium movens che abbiamo incontrato nella terza lapide); gli uomini sono infatti parte della natura stessa, che, ormai pervenuta all’autocoscienza, è pronta al ricongiungimento con Lui (Dio vuole che essi tornino a Lui). Dal non-essere all’Essere. Dunque, potremmo immaginare l’uomo come aspetto della natura che, giunta all’apice del processo, acquisita l’autocoscienza, può transitare nell’Essere.

Infatti, come si diceva, la Natura vuole Essere! Perciò faticosamente, lentamente, tormentosamente, persegue tale scopo.

La spinta insita nella natura è la “volontà di essere”, dunque di evolvere, fino all’autocoscienza e quindi fino all’uomo che in tal modo diverrebbe il punto di transito della natura: il passaggio dalla semplice coscienza all’autocoscienza che costituisce il primo vagito dell’Io Sono. L’uomo vuole essere Dio e a Lui tende; così allora Dio si rende disponibile all’uomo partendosi nel Sé grande che pervaderà l’entità umana. L’uomo diviene il punto di incontro tra la Natura e Dio, il punto di transito dal non essere all’essere: la natura – ormai evoluta – che dall’ombra transita alla Luce.

Il piccolo sé dell’uomo, primo barlume dello Spirito, tende alla continua evoluzione verso la divinità; si intensifica sempre più il contatto con il grande Sé, fino a giungere alla completa aderenza tra il piccolo e Grande Sé così come avvenne tra Gesù di Nazareth ed il Logos talché può affermarsi che Gesù sia stato uomo pienamente divinizzato e dunque Logos fatto uomo (Gesù fu vero Dio e vero uomo).

Ed ecco infatti che cosa ci dice Paolo in proposito:

Romani 8,19-23

19) Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; 20) perché la creazione è stata sottoposta alla vanità[1], non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, 21) nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. 22) Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; 23) non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo.

Vediamo di comprendere meglio:

19) Poiché la natura (il creato) tende e si sforza, con ogni mezzo, ad evolversi fino a divenire uomo ossia a raggiungere la condizione di figlio di Dio;[2] 20) perché la creazione (la natura) è stata dotata da Dio di volontà ambiziosa (vanità); 21) nella speranza di essere liberata dalla materia incosciente che la corrompe, per giungere finalmente alla condizione di figlia di Dio (ossia di uomo) ; 22) Sappiamo che la natura tutta soffre e si dibatte per tale scopo, 23) e non solo la natura ma anche noi uomini che rappresentiamo il primo passo il primo vagito dello Spirito (ossia dell’autocoscienza); noi soffriamo e ci dibattiamo finché non ci riscattiamo del tutto dalla materialità in cui siamo ancora immersi.

Ma v’è di più.

Abbiamo concentrato la nostra attenzione alla zona d’ombra e all’uomo che sembra sostare sulla linea di confine tra questa e quella luminosa.

Ma la lapide ci dice che in “Uno Dio vuole Essere” tanto nella parte di ombra che in quella di luce. Il cammino verso Dio, per diventare Re, per realizzare l’unione in Dio, è cammino che prosegue anche in quella parte di Dio che è nella Luce. E qual è la parte della Natura che prosegue nella zona di luce? È l’uomo! L’uomo deificato, l’uomo che, grado a grado, procede nel percorso di divinizzazione in un crescendo di cui non possiamo avere neanche la più pallida idea. (nella Casa del Padre ci sono molte dimore dice Gesù).

Fintanto che rimane in quella linea di confine l’uomo dovrà però combattere per affrancarsi del tutto dalle scorie della materia. Le reincarnazioni sono l’atanor, il crogiuolo, a mezzo del quale si purificherà, si raffinerà. La Legge del Karma vigilerà acché sia mantenuta l’armonia del Tutto, ma anche affinché l’individuo evolva in conoscenza ed in coscienza.

Apocalisse

All’apertura del 4° sigillo appare un cavallo verdastro montato da Morte e seguito da Ade. Gli fu data potestà di portare lo sterminio sulla 4° parte della terra. Non su tutti infatti Morte prevale. I tre quarti della terra non subirà lo sterminio. Coloro che hanno ampliato la loro coscienza – saranno cioè pervenuti a quella che chiamiamo col termine di “età paulina” – non subiranno gli effetti di Morte e di Ade poiché avranno avuto modo di prendere consapevolezza della prima morte, quella fisica. È la fase in cui l’Io sono è operante sui tre corpi, fisico, eterico ed astrale e li sta fecondando. Ciò grazie all’impulso cristico che ha permesso l’inversione della tendenza dell’uomo ad immergersi nella materialità. Per Ade è da intendersi quel “luogo” o “stato” in cui permangono gli spiriti dei morti nella carne (la prima morte, quella fisica) allegoricamente descritta da Giovanni come una “nuvola”.

In questa 4° lapide il quarto elemento di spinta è il FATO o ANANKE.

È la Legge di Causa ed Effetto che regola le vicende del “sé” (piccolo).

Che dire di più di quanto già detto a commento della visione?

QUARTUM MOVENS FATUM INTELLEGERE

NON QUOD LABORIOSE HOC PATIENDUMST

SED QUOD BENIGNE ACCIPIENDUMST

Il quarto motore consiste nel comprendere il FATO (Ananche)

Non perché tormentosamente ciò sia da sopportare,

ma perché benevolmente sia da accettare (accogliere).

È opportuno comprendere il destino che su ciascuno di noi incombe; non affannarsi e tormentarsi per sopportarlo, ma cercare di accoglierlo benevolmente poiché esso è mezzo, indispensabile, inevitabile, per transitare prima, e procedere poi nella zona luminosa del Padre. La lapide dunque riguarda l’uomo incarnato e le vicissitudini, le lotte che ha da affrontare soprattutto nelle molteplici incarnazioni che, governate dalla Legge di Causa ed Effetto, o Karma, consentono all’uomo, piccolo sé di affinarsi, perfezionarsi fino ad essere pronto al transito nella Luce.

  1. Qui il termine “vanità” va inteso come voglia di…, ambizione di…, insita nella Natura, come un’energia che permea la Natura.
  2. In questo caso il figlio di Dio è l’uomo, ma in altre realtà lontane, in altri mondi, l’entità permeata dallo Spirito, ossia dal Sé, ovvero dall’autocoscienza, potrebbe essere altro e ben dissimile dall’uomo terrestre.
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