Il Sentiero del Padre

Il sentiero che porta ai mondi superiori

Sintesi introduttiva

Introduzione

Conoscete il poema omerico in cui sono descritti i misteri Eleusini? O lo psicodramma con cui venivano ritualmente celebrati? Conoscete Il poema omerico che abbiamo chiamato Odissea in cui si narra la storia dello scaltro re di Itaca, Ulisse, conquistatore di Troia e delle sue tribolazioni per far ritorno in patria? Conoscete la storia del popolo ebreo in fuga dall’Egitto che solo dopo decenni di peregrinazioni giunge alla terra promessa da Dio?
Di certo conoscete la breve quanto significativa parabola evangelica del figliol prodigo che lascia la ricca ed opulenta casa del padre per viaggiare libero nel mondo e infine, al termine di terribili e dolorose esperienze, far ritorno ad essa.

Bene, tutte narrano la medesima storia, la stessa identica vicenda, appassionante, avvincente, commovente e orribile: esse narrano del nostro destino, quello dell’uomo! Anzi direi meglio: narrano del cammino dell’anima di ciascuno di noi. Ognuna delle storie che prima ho citato ci racconta, nell’intima essenza di essa, (sebbene in termini e criteri dissimili), l’unica verità che ci riguarda e che vale la pena di conoscere almeno un poco e che, trattandosi di Verità, prescinde dal momento storico in cui viene raccontata e dal credo religioso di colui che la ascolta e la comprende.

Quanto segue cercherà di raccontare e interpretare sinteticamente la medesima vicenda ossia ciò che è racchiuso nel mito – un tempo unico strumento di trasmissione di conoscenze trascendentali – allo scopo di aiutare il lettore ad essere introdotto con gradualità nelle più complesse dinamiche dei temi trattati nei libri.

Caduta – Giustizia di Dio – Inconoscibilità di Dio – Risalita attraverso la via iniziatica

La Caduta

Il dono che Iddio volle per le Sue creature tutte fu la LIBERTA’.

E Iddio chiamato a Sé Lucifero, l’Angelo più splendente del Creato, gli ordinò: Da oggi servirai l’uomo!

Ma l’Angelo rifiutò e rispose: “Signore io sono qui per servire Te e solo Te poiché Te amo sovra ogni cosa e a Te giurai eterna fedeltà, non all’uomo!!”

Così ebbe luogo l’atto di disobbedienza per Amore di Dio a Dio, nel presupposto di poter fare a meno di Dio. Ed il sistema Universo, fino a quel momento in perfetta armonia per la assoluta felicità in cui vivevano le creature, si frantumò e si dissolse per ricomporsi in un altrove, realizzando una sorta di universo alternativo ed antitetico al precedente. Il crollo fece precipitare Lucifero con gli Angeli a lui fedeli nel mondo infero ove vivono liberi ma nel dolore della dilacerante nostalgia di Dio ormai lontano.

In tale universo capovolto si riversarono e si riversano anche creature divine: gli spiriti, che liberamente si distaccarono e si distaccano da quel Paradiso. Tali creature, scegliendo la libertà, rimangono avviluppate nelle volute dell’influsso luciferico che, nella discesa, strato dopo strato, sempre più si appesantiscono divenendo dimentiche dell’origine loro ormai resa invisibile dalla nebbia dell’oblio che il carcere della materia provoca nell’individualità egoica.

Dunque, si realizzò, in certo senso, il “primo colpo di stato della storia dell’Universo”: la caduta che provocò, non il reale allontanamento da Dio, poiché impossibile, ma l’allontanamento soggettivamente inteso dall’Uno che, sebbene infrangibile, indivisibile, consente, per dono d’amore, di frantumarsi, senza tuttavia dividersi, in un infinito pulviscolo di spiriti individualizzantisi. Infiniti spiriti i quali portano tutti il sigillo della divinità, l’impronta della radice, la matrice della comune paternità.

Il Paradiso, definito dai cattolici “terrestre”, diviene così un luogo inaccessibile all’uomo che ha scelto la sua libertà e, così facendo, ha voluto prendere consapevolezza e coscienza della sua individualità.

E Lucifero agisce come polo di attrazione (ma non di inganno come si vorrebbe nella tradizione cristiana) per quelle creature che, “tentate a mangiare il frutto” di quel tal albero, liberamente scelgono l’autocoscienza (così divenendo simili a Dio) ma… al prezzo che sappiamo.

Dicevo scelta libera dell’uomo e non inganno del serpente, poiché in quest’ultimo caso entreremmo in conflitto concettuale con il principio di Libertà, dono di Dio (di cui alla premessa), e con la Responsabilità della scelta che, per comodo, si vorrebbe far ricadere su Lucifero e che invece è attribuibile solo all’uomo che porta con sé il peccato originale, suo peccato originale e non per eredità adamitica!!

Dunque, Eblis(come lo chiamano i sufi iraniani) sceglie il male, male come contrapposizione a Dio, ma non perché voglia in realtà il male per il male, ma perché solo così facendo può continuare ad affermare la Sua libertà dal Suo creatore.

Questo rappresenta uno dei miti che si aggiunge al più noto della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre per la disobbedienza a Dio e ai tanti appartenenti a svariate religioni. Miti necessari ad indicare e, in qualche modo spiegare, l’esistenza di Realtà antitetiche nell’UNO/TUTTO ed il Suo dinamismo nell’universo che noi conosciamo.

Un gioco apparentemente insensato e fine a se stesso; ma non è così.

Dio quando volle creare l’Universo non era forse stato in grado di prevedere tale ipotesi? Certamente! Il sistema è infatti perfetto!

Iddio sa sempre trarre il bene anche dal male più devastante; la caduta era stata non solo prevista, ma anzi concepita, e fors’anche ritenuta necessaria affinché l’Uno/Tutto potesse realizzarsi come tale (nella pienezza di Bene e Male), poiché in mancanza sarebbe stato privo di tale parte antitetica ed oscura ma al tempo stesso complementare e necessaria alla realizzazione dell’Uno perfetto e compiuto che, grazie ad essa, è mancante di nulla.

Dio infatti, per dono d’amore, consente alle creature (infinite creature) di cogliere l’opportunità – esse liberamente volenti – di prendere autocoscienza, cioè di avere anch’esse l’Io Sono che Dio ha già in Sé. Dunque, la creatura-uomo potrà liberamente scegliere: confarsi a Dio rimanendoVi congiunta, o cogliere l’opportunità offerta dal dono di distaccarsi (apparentemente) dal Suo seno, scegliendo il “male”. Nella seconda ipotesi, come si è detto, il male farà il suo corso, ma sarà vinto alla fine dei tempi e tutto tornerà nell’armonia primigenia dell’Uno-Tutto il quale avrà così in Sé la onniscienza anche del Suo opposto (il male). Ora appare chiaro che quanto precede, così come ho illustrato, fa ipotizzare l’esistenza di un prima e un dopo e cioè di un Dio privo di male all’inizio, poi la comparsa del male, quindi la vittoria del bene sul male alla fine, con il risultato di avere un Dio migliorato al termine di tale processo; il punto difficile da comprendere per noi che siamo immersi nella dimensione tempo, che non influenza di certo la Divinità, consiste nel fatto che Dio è così da sempre e che da sempre è Egli è immerso nella Sua perfezione hic et nunc (qui ed ora).

È da dire comunque che le creature permangono libere di rinunciare, anche successivamente, al dono e di regredire, invece che progredire la propria coscienza individuale, fino al totale ottundimento di essa, fino alla “mors secunda”, che nulla ha a che vedere con la mors prima, quella del corpo fisico, quella vera, definitiva, dello spirito, quella citata nell’Apocalisse di Giovanni e che fu rappresentata da Arnold Böcklin nel suo dipinto “l’Isola dei Morti”.

Ma Iddio previde anche la terapia: la possibilità da parte delle creature della risalita; risalita anch’essa liberamente scelta per il ritorno consapevole alla Luce di quel Paradiso perduto!

Gli Spiriti, dunque, vivono il passaggio dall’Unità alla dualità per poi ritornare all’Unità; in quest’ultimo caso al riassorbimento della parte oscura di Dio in un’Unità di sola Luce che però è consapevole e cosciente dell’ipotesi del Male/Tenebra quale Sua antitesi1; consapevolezza che in Dio è già compiuta, già perfetta poiché Egli è fuori dal tempo. Incompiuta, imperfetta è invece nel nostro soggettivo viverla, nel dinamismo del divenire nell’apparente trascorrere del tempo.

Ne consegue la necessità del Tempo, non del tempo, che segna e contraddistingue il grado dello sviluppo di tale consapevolezza; e, d’altro canto, come altrimenti avremmo potuto “sapere”, “conoscere”, se non sperimentando direttamente ciò? Non abbiamo forse scelto di diventare come Dio? Non abbiamo forse deciso liberamente di mangiare quel frutto?

Quel frutto, bello a vedersi, buono al gusto, ricorda il libriccino dato da inghiottire a Giovanni (Ap. Giov. 10/8-11) e il rotolo dato da inghiottire ad Ezechiele dolce in bocca come il miele e amaro nei visceri (Ezc. 3/1-3).

Mentre il mangiare il frutto dell’albero del “Bene e del Male” conferisce alla creatura la autocoscienza facendola divenire “adam” ossia uomo, chi mangia il libriccino dolce al palato e amaro ai visceri conferisce la “visione dall’alto” la possibilità di uscire dalla condizione umana e divenire super-uomo e così possedere una visione cosmica.

Ma la risalita per l’uomo dell’epoca Greco/Romana2, ormai liberamente lasciatosi sprofondare in un eccessivo grado di materialità, avrebbe comportato tempi lunghissimi e un grande prezzo di dolore. E allora?

Venne attuata allora un’amorevole operazione di soccorso: venne “il Leone della Tribù di Giuda, il rampollo di Davide”,3 l’Agnello, lo Spirito più puro ed elevato, che volle offrirsi per la salvezza dell’uomo, uno Spirito che volle interpretare la volontà d’amore del Padre, uno Spirito che seppe così farsi Figlio divenendo come il Padre, perciò pagando un prezzo di dolore e di sangue. Egli, nel farsi tramite del Logos, ravvivò nel cuore degli uomini la luce ormai troppo flebile operando in taluni la dolce violenza del “fotismos” (ma solo ad una ristretta cerchia: “Io venni per i dispersi figli della Casa di Israele”): così l’umanità fu salva.

Il Figlio scelse liberamente di farsi uomo e liberamente abbracciò la Sua croce di legno così come Suo Padre abbraccia la Croce Cosmica del dolore dell’Universo per la risalita e la ricomposizione del sistema nel Suo seno luminoso.

Ciascuno di noi può così liberamente seguire la strada indicataci da Cristo per la riunificazione al Padre che vedremo essere la Sintesi tra Amore misericordioso, Giustizia e Libertà.

La Giustizia

Il Sistema è perfetto. Esso è infatti concepito secondo pesi e misure acconce. La legge prevede accorgimenti di riequilibrio laddove azioni libere o anarchiche ne abbiano turbato l’armonia o provocato scompensi.

Infatti, Dio è Giusto. Di più: è Egli Stesso Giustizia. Egli non necessita di sottoporsi alla Legge da Lui promulgata essendo Egli l’essenza stessa della Teonomia da cui la legge promana.

Quale la Sua legge? La Legge dell’Amore. È legge che noi non conosciamo razionalmente ma che altri, intellettivamente meno dotati, conoscono poiché a costoro è stato consentito, o hanno saputo, istintivamente, irrazionalmente, imboccare una scorciatoia che si chiama AMORE. Non fu forse detto dal Cristo Gesù: “Beati i poveri in spirito poiché di essi è il Regno dei Cieli”? La prima delle beatitudini da Lui pronunciate.

Ma quanto è distante e diversa la giustizia dell’uomo da quella di Dio!

E quanto diverso era il modo di concepire la giustizia da parte delle culture del passato da quello in cui è concepita oggi.

Nel pensiero greco, la giustizia è un attributo che non concerne solo l’uomo o la convivenza umana, ma l’universo in generale, la giustizia è l’ottemperanza ad un ordine universale, in ragione del quale tutte le cose occupano un posto ed hanno un compito determinato. La giustizia nella Polis e nell’uomo è solo una parte, un aspetto, della giustizia universale.

La Giustizia non può dunque essere prerogativa umana poiché essa verrebbe applicata seguendo un metro misero e miope.

Dunque, il parametro di Giusto/Ingiusto non può ricercarsi al di fuori di Dio. La Giustizia è Dio; la Legge è Dio. Così anche i mezzi di riequilibrio (i c.d. nessi karmici), dare/dato-avere/avuto, Gli appartengono poiché rispondono al criterio secondo il quale ogni cosa venne posta in “pondere et mensura”.

Con lo stesso metro con cui giudicherete sarete giudicati: se giudicherete con clemenza e misericordia (leggasi con amore verso il fratello) con tale medesimo criterio sarete giudicati voi stessi. Dunque, la Giustizia e l’Amore in Dio coincidono e si fondono. Queste le regole del sistema che appartiene ad un criterio di più Alta Giustizia, a noi estraneo, che, nel rispetto della Libertà, scaturisce dall’Amore.

Eppure, è ben chiaro il concetto nella preghiera che ci insegnò Cristo: “…Signore rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori…”; vale a dire Signore perdona a me le mie mancanze e comprendi la mia miseria allo stesso modo di come io perdono e comprendo quelle che mio fratello ha rivolto a me.

Pertanto, colui che si abbandona e segue gli effluvi della sua “egoità” (che ben sappiamo originata da libera scelta di seguire l’influsso luciferico anzidetto) sopporterà le conseguenze della Legge (o se si preferisce del karma) che tutto tende ad equilibrare, mentre a chi comincia a protendersi verso il fratello con amore e lo giudicherà con benevolenza sarà applicato il medesimo benevolo metro di Giudizio poiché così Iddio/Giustiza/Amore volle e statuì!

Tale creatura, nel confarsi alla Legge, inizia la risalita. È la prima fase, quella che attiene alla cosiddetta epoca pietrina, che precede la paolina e la giovannea. (n.d.r. Anche qui la citazione non vuole fare riferimento al tempo umano ma a quello della coscienza).

Dalla Lettera di Paolo ai Galati: “La funzione provvisoria della Legge”:

E allora, perché la legge? Essa fu aggiunta a motivo delle trasgressioni, finché non giungesse il seme oggetto della promessa (il Messia profetizzato dalle scritture?), promulgata per mezzo di angeli, tramite un mediatore (il profeta?) Ma un mediatore non esiste quando si tratta di una persona sola; e Dio è uno solo. La legge allora va contro le promesse di Dio? Non sia mai detto! Se infatti fosse stata data una legge capace di dare la vita la giustificazione si avrebbe realmente dalla legge. Ma la Scrittura ha chiuso tutte le cose sotto il peccato, affinché la promessa fosse data ai credenti per la fede in Gesù Cristo.

Prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi come prigionieri sotto il dominio della legge, in attesa della fede che sarebbe stata rivelata. Cosicché la legge è divenuta per noi come un pedagogo che ci ha condotti a Cristo, perché fossimo giustificati dalla fede. Sopraggiunta poi la fede, non siamo più sotto il dominio del pedagogo. Tutti infatti siete figli di Dio in Cristo Gesù mediante la fede; infatti, quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non esiste poi Giudeo né Greco, non esiste schiavo né libero, non esiste uomo o donna; tutti voi siete una sola persona in Cristo Gesù. Se poi siete di Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.

Dunque, Dio è la fusione, la sintesi tra Amore e Giustizia. Definizione che, ohimè, è ancora insufficiente a definire Dio poiché Dio è indefinibile, ineffabile, irrappresentabile, inimmaginabile per l’uomo che non dispone di mezzi adeguati a concepirlo. Lo stesso Kant si ferma dinanzi alle idee di Natura, di Mondo e di Dio asserendo che per Questi non è dimostrabile razionalmente la esistenza ma non è nemmeno dimostrabile la Sua inesistenza.

La Inconoscibilità Di Dio

Dio non è dunque circoscrivibile in una qualsivoglia definizione poiché essa risulterebbe comunque e sempre inadeguata essendo Dio sempre di più e diverso da essa. Quand’anche Gli attribuissimo un elenco interminabile di aggettivi tutti al superlativo assoluto (adottando in tal modo il cosiddetto metodo aristotelico catafatico o affermativo) non perverremmo ad alcuna conoscenza della sostanza o essenza di Dio per l’inadeguatezza delle definizioni o delle attribuzioni. Per ogni aggettivo dovremmo al contrario negare l’attribuibilità a Dio proprio perché insufficiente ed inadeguato; giungeremmo così ad adottare il metodo apofatico di Dionigi l’Areopagita pseudo che, se da una parte ci avvicina molto di più, dall’altra ci conduce alle estreme conseguenze che Dio sarebbe il “Nulla concettuale”! Dunque, inarrivabile concettualmente, filosoficamente.

Secondo Dionigi queste negazioni devono essere intese non già in senso privativo, bensì in senso trascendente, e per questo motivo la teologia negativa può essere concepita come “Super-affermativa”, ad es.: Dio super bene, super essere, super luce, super vita, etc. . Poiché Dio è estraneo ad ogni forma di conoscenza umana essendo al di là di essa – cioè al di là di ogni affermazione o negazione e pertanto al di fuori di ogni argomentazione di tipo razionale – solo chi supera ogni forma di conoscenza può unirsi al principio tutto, all’Uno inconoscibile. “La tenebra Divina è luce inaccessibile in cui risiede Dio”. Quindi nella totale assenza di parole e di pensieri si realizza l’unione (henosis) della mente umana con l’Uno: l’uomo per conoscere Dio si deve unire a Dio e perché ciò sia possibile deve uscire da se stesso e diventare uno con Dio mediante l’estasi. La conoscenza di Dio presuppone pertanto la divinizzazione dell’uomo.

Tutto mi è stato dato dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il figlio voglia rivelarLo.

 

Non possiamo non pervenire alla conclusione che gli strumenti (mente, cervello, raziocinio, pensiero) sono inadeguati e incapaci di comprendere prima e di definire poi. La verità è che non disponiamo degli “strumenti” idonei. E allora? Ma allora solo eliminando le concettualizzazioni e addirittura lo strumento mente che le costruisce possiamo avvicinarci; per ciò, necessitano il vuoto ed il silenzio.

Dobbiamo far crescere i nuovi sensi! Se i cinque sensi a noi noti appartengono al corpo fisico, gli altri, i costruendi, appartengono ai nuovi corpi anch’essi in via di trasmutazione nei nuovi fisico/Sottile/Causale.

Attraverso l’inchino dell’Io su di essi l’astrale verrà trasformato in sé cosciente spirituale: il manas altresì detto “manna” nei tempi biblici, trasformerà il corpo eterico in uomo spirito altresì detto atma, ed il fisico in spirito vitale o budhi. Nell’età paulina la fede realizza l’ “Io Sono” e diviene principio del trasmuto. Nell’età giovannea il trasmuto è completo e l’ ”Io Sono” governa in unità sincosmica con gli altri “Io Sono”.

Ciò avviene per gradi: occorre, come detto, giungere alla deificazione dell’uomo.

Perché ciò avvenga stiamo ricevendo insegnamenti e istruzioni, dalla dimensione a noi nascosta seppur udibile per misterioso quanto grande dono!

Il procedimento che ci è necessario – e che ci viene insegnato – è il cammino iniziatico che dovrà portarci a superare le due metodologie catafatica ed apofatica (o forse tenendo per buona solo quest’ultima), finché la conoscenza non giunga per immediata comprensione del Vero (il c.d. Sensorium Coeleste).

Non dimentichiamo che la nostra individualità realizzata anche attraverso la nostra fisicità, implica separatezza dal Tutto. Più ci isoliamo nel nostro ego più ci separiamo, ci allontaniamo dalla Fonte; più ci accaniamo a “ragionare” più ci rendiamo difficoltoso il cammino per la ricerca del Vero. Quando al contrario dovremmo dimenticare noi stessi frantumando il guscio che ci individualizza, aprendoci così completamente alla Fonte e dilatandoci nell’infinito. Da qui la necessità del lavoro iniziatico e la trasformazione dei corpi.

La Risalita attraverso il Cammino Iniziatico

Il cammino iniziatico è processo non facile di lavoro di Noi su noi con la guida dei Maestri occulti.

Il processo è graduale; è metamorfosi iniziatica che, non a caso, parla di “gradi di iniziazione” che altro poi non sono che livelli di crescita della Coscienza e di formazione su piani super umani.

Uno strumento efficace, che ci giunge da riti del passato, sembra essere l’iniziazione simbolica ed i cerimoniali sfocianti nello “psicodramma”: la rappresentazione teatralizzata e appassionata di una storia gravida di significati misterici più da “vivere” che da comprendere attraverso un’analisi razionale. Potremmo dire che la rappresentazione psicodrammatica deve produrre nell’intimo di colui che vi assiste ciò che avviene nelle odierne fictions: la immedesimazione nel protagonista o nei protagonisti del racconto; ciò permette di entrare, cioè, nel simbolo e apprenderlo per conoscerlo. (Forse ciò avveniva già nelle rappresentazioni teatrali greche).

Ricordiamoci dei Misteri Eleusini, mentre oggi, per i credenti cristiani potrebbe essere la partecipazione attiva e presente alla via crucis immergendosi nella passione, nel dolore e soprattutto nel senso che il sacrificio di Cristo deve rappresentare per il credente.

 

Una delle vie è creare il vuoto, come si era detto: il vuoto assoluto senza kadosh (senza nulla di sacro) !4 Cosa non facile davvero.

Un metodo potrebbe essere quello di porsi in meditazione e di cercare di annientare con la propria mente tutto il circostante, persone care comprese, fino a giungere ad abbandonare perfino il proprio corpo; immaginarlo morto, decomposto5, giungere a percepire la più assoluta solitudine, sentirsi abbandonato nel disperante deserto e nella più completa nudità; sì, la nudità della propria anima scrostata da gioie ed affanni, da rumori e luci, da desideri e passioni, da ricordi e rimpianti; il precipitare nel blù profondo dell’oceano per affondarvi, scendendo fino a che non sia possibile distinguere l’alto dal basso, la sinistra dalla destra e non poter più esser capaci di ritrovare la direzione per risalire in superficie.

Cosa si intende con ciò?

Si intende che è necessario preparare il recipiente in modo appropriato.

Un contenitore se è pieno non potrà di certo ricevere nuovo materiale. Occorrerà dapprima svuotarlo e renderlo capace di riempirsi di nuovo.

Dunque, fare il vuoto ma anche disporsi a “cor senziente” se si può e poi se si vuole.

In Breve:

CADUTA necessaria poiché Dio sintetizza l’Essere Tutto (Bene e Male) e consapevolezza del Tutto al tempo stesso. Caduta quale scelta libera, ma necessaria, per l’uomo il quale può liberamente scegliere il Male e, attraverso esso, operare la successiva scelta libera della risalita divinizzandosi o, diversamente rinunciandovi scegliendo così altrettanto liberamente di spegnersi gradualmente fino al compimento della morte secunda, quella dello spirito, quella dell’autocoscienza.

GIUSTIZIA. Tale Realtà era prevista concepita ed attuata da Dio che Tutto pose secondo pesi e misure acconce essendo egli Stesso Giustizia ma anche Amore: due virtù che ben si conciliano in Lui con la Libertà.

INCONOSCIBILITÀ DI DIO. Per noi Dio è ineffabile. Egli è nella Sua Ombra Luminosa che per noi, incapaci di vederla, è oscurità impenetrabile a meno di scegliere la via che ci porti alla nostra divinizzazione.

PROCESSO INIZIATICO. Cammino di divinizzazione che può portare alla conoscenza di Dio. Per ciò, due operazioni preliminari: 1) Avere “cor senziente” mediante lo svuotamento del contenitore mente/ragione per predisporre, col silenzio e l’abbandono, il recipiente all’accoglimento del Vero; 2) Posto che più ci chiudiamo nel nostro ego e più ci separiamo, ci allontaniamo, dalla Fonte, si rende necessario procedere alla frantumazione del guscio – entro cui siamo racchiusi e che ci individualizza – attraverso l’avvicinamento agli altri fratelli Sé e dunque all’Unità.

Ed ecco sinteticamente espressi i passaggi fondamentali atti a prepararci e predisporci a penetrare i Misteri.

n.1) Il raggiungimento della serena calma interiore. Esso comporta la distinzione dell’essenziale dal non essenziale.

n.2) la preparazione che comporta il conoscere distinto dal falso conoscere.

n.3) L’illuminazione che comporta, alla luce dei primi due stadi, il conoscere per immediata comprensione.

n.4) Il dominio dei pensieri e sentimenti che prepara alla ricezione e possesso della compassione.

n.5) V’è infine la “folgorazione” che avviene per volere dall’Alto.

Il raggiungimento della serena calma interiore

Distinguere l’essenziale dal non, è pratica solo apparentemente facile. Dapprima dobbiamo porci la domanda “che cosa è veramente essenziale per me”. Non voglio soffermarmi su Diogene che, maestro in tale pratica, gettò via l’unica tazza che possedeva ritenendola superflua dal momento che poteva bere dall’incavo delle sue mani. Bene, ove cominciassimo ad applicare tale comportamento, scopriremmo che tante, tantissime sono le cose davvero superflue e innumerevoli quelle che nulla aggiungono alla nostra vita se rapportate all’autentica essenza del vivere.

Cerchiamo di chiarire meglio attraverso una breve favola:

Una volpe era inseguita da venti cacciatori accompagnati da 20 cani latranti. Essa pensava, il fiato corto, nella fuga: “Certamente mi uccideranno; ma che stupidi! Certo 20 volpi a cavallo di venti asini e accompagnate da venti lupi non si affannerebbero tanto ad inseguire un uomo per ucciderlo!

Bene, è da chiedersi allora: quanto “non essenziale” ricerca oggi l’uomo e si affanna e si adopera negandosi così la serena calma interiore?

La preparazione

Preparare se stessi per giungere alla Conoscenza ossia apprendere parte della Verità senza perciò cadere nell’inganno fuorviante che spesso i sensi, la ragione, i desideri, ci offrono.

La domanda che ci si pone a questo punto è il “come” prepararsi. Il come procedere è problema che ciascuno di noi deve ricercare da se medesimo per trovare il metodo più appropriato.

Letture, meditazioni, studio dei testi religiosi sono tutti sistemi utili. Si tenga conto di una certezza: la sola mia ferma e decisa volontà di conoscere il Vero mi porterà a conoscerlo; “Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto”. Se infine per il mio apprendimento avrò bisogno di un maestro, esso apparirà. Seguirà la “macerazione” tormentosa che precede l’apprendimento e porta infine alla “metanoia”, il cambiamento lento e graduale della mente. L’apprendimento, la conoscenza che da esso deriva, è tuttavia correlato alla capacità di ciascuno di noi. Il recipiente conterrà quanto esso è in grado di contenere, non di più. Sta a noi preparare il nostro contenitore ad essere il più capiente possibile. Alla fine, sarò capace di distinguere il Vero dal non Vero e, avendo tale dote, potrò verificare che il Vero per me è l’essenziale di cui abbiamo parlato al primo passo.

Dirò infine che, se la capacità di distinguere l’essenziale dal non mi porta la serena calma interiore, la conoscenza mi porta la pace; concetto quest’ultimo difficile da esprimere poiché corrisponde ad una soddisfazione interiore che non è identificabile nella felicità o gioia; è condizione dell’anima, è pienezza della mente e dell’essere poiché siamo riusciti ad entrare in sintonia col nostro Sé (lo Spirito divino che è in noi).

L’illuminazione

Che dire dell’Illuminazione? Coloro che hanno mosso i primi due passi (serena calma interiore e preparazione) possono giungere ad essa poiché sono pronti a riceverla. Chi la riceve giunge alla comprensione per immediata conoscenza, travalicando i dubbi della ragione.

Or dunque: che cosa faceva, nel cercare il Ku (il silenzio) il Buddha? Egli lasciava che il suo pensiero fluisse verso l’esterno (non che l’abbandonasse) e che il Tutto penetrasse nella sua mente. Ed egli respirava calmo l’essenza stessa dell’Essere. E così l’Illuminazione ed il Risveglio erano di lui.  

L’uomo ancora dormiente, al contrario, ragiona sugli opposti (bene-male, bello-brutto, giusto-ingiusto e così via dicendo).

La folgorazione

Essa è lampo sconvolgente. È dono concesso per alto volere inatteso e non spiegabile. Talvolta sono coloro che raggiungono tale condizione perché già pronti sebbene ignari di esserlo (v.si Paolo di Tarso).

Il dominio dei pensieri e sentimenti

Tale dominio ci permette di evitare il male e di non combatterlo. Se combattiamo ciò che giudichiamo essere il male, se lo avversiamo cioè, non ce ne libereremo mai. Scegliere sempre il bene, questo sì, ci libera realmente dal male. Dominare i sentimenti ci prepara all’accoglienza dell’altro e quindi alla compassione come ci insegnò il Buddha. Il Cristo poi ci insegnò la comprensione. La compassione è l’inchino verso l’altro, la comprensione è invece abbraccio fraterno che dice: “Io pure sono uomo fragile come te, capisco la tua condizione e ti comprendo”.

Bene, da tali gradi si accede a ciò che chiamarono l’iniziazione.

E.S.O.

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