CAP VI

Sul Sonno

Esso rimane per gran parte ancora un mistero. La scienza umana lo ha lungamente studiato ed ha effettuato esperimenti per scioglierne i nodi e carpirne i segreti. Tale fenomeno, che appartiene alla fisiologia umana, è condiviso anche da gran parte delle specie animali.

La scienza povera ci racconta che il sonno fornisce innanzitutto riposo al nostro corpo stanco per le attività svolte nella giornata: esso permette lo svolgimento di attività chimico-fisiche dei vari organi (fegato, reni etc.) che riportano in equilibrio l’organismo affaticato; nello stato di sonno si svolge anche un’intensa attività elettrica; molteplici sono infatti le operazioni che espleta il nostro cervello: vengono fissati ricordi, vengono operati dei “resettaggi” (per dirla con termini cari alla scienza informatica), vengono riequilibrati aspetti psicologici ed emozionali che hanno interessato la persona durante la giornata (per es. frustrazioni nell’ambito del posto di lavoro, in famiglia, o altro).

Il processo inizia mediante una fase di cd. curarizzazione: il corpo cioè entra in uno stato di torpore ed opera una sorta di deafferentamento della mente. E’ questa la condizione che più ci interessa in questo ambito. E’ esperienza comune quella di constatare come, durante il sonno, la mente sembri vagare, priva di guida, in processi irrazionali o percorrere successioni di immagini che al risveglio, sottoposte al vaglio razionale, appaiono un non-sense del pensiero logico.

Sui sogni molto è stato detto e scritto sia da parte della scienza che da parte degli psicologi.

L’attività onirica, sappiamo, si palesa nel corso delle due fasi di entrata nel sonno e di uscita da esso: rispettivamente la ipnagogica e la ipnopompica, ma anche in quella definita REM (rapid eyes mouvements).

Ciò che a noi preme di più è però poter individuare l’origine dei sogni. Quest’ultima infatti non è univoca e pertanto dobbiamo distinguere il sogno in due categorie che potremmo definire: imago e fanìa (immagine e apparizione/contatto). Mentre la prima trova sicuramente origine nella macchina/cervello – sia pure dovuta alle più varie cause, da quelle organiche a quelle di natura psicologica -, la seconda ha un’origine più oscura e, potremmo dire, misteriosa.

Il sonno, proprio perché agevola la deafferentazione del corpo fisico da quello psichico((1. Molti parlano di distacco del corpo astrale da quello fisico durante il sonno; un distacco non completo poiché il collegamento tra corpo fisico e corpo astrale verrebbe mantenuto dal cd. cordone d’argento – una sorta di filo energetico (taluno dice allungabile all’infinito, ma ciò presupporrebbe una dimensione spaziale) – che consentirebbe all’astrale di viaggiare in tale universo sottile della realtà mantenendo il collegamento e la vita del corpo fisico.))(l’anima, secondo taluni), crea talvolta le condizioni per far sì che il nostro corpo sottile o eterico (o astrale secondo alcuni) entri in contatto con la dimensione nascosta. E’ il momento in cui abbiamo l’occasione per affacciarci su realtà apparentemente ignote o particolari; esse spesso ci appaiono avvolte da un’atmosfera di grande pace; ci è inoltre consentito di incontrare persone sia defunte che ancora viventi. La intensità delle sensazioni che tali sogni a volte ci provocano può essere di tale forza da persistere per tutto il giorno successivo ed a volte anche per tutta la vita.

Anche questi ultimi contatti, pur nella loro peculiarità, si traducono in definitiva in immagini; ciò avviene perché si rende necessaria una sorta di transduzione: la percezione immateriale del mondo nascosto, grazie all’azione di “interfaccia” del corpo eterico, viene trasferita al cervello (fisico) che traduce in immagine quanto percepito; così, se il contatto riguarderà un nostro parente defunto, la percezione di costui verrà tradotta nell’immagine fisica che è custodita nei ricordi della persona che sogna ed analogamente avverrà per il colloquio. Questo si svolge infatti attraverso una sorta di telepatia; ma, appena trasferito nel cervello, viene tradotto in un dialogo di tipo verbale – come se si fosse svolto con mezzi fisici – e come tale viene fissato nella memoria cefalica.

Non sempre, tuttavia, questi contatti vengono tradotti e poi trasferiti nell’ambito cerebrale; il più delle volte ciò non avviene e pertanto rimangono ignoti alla nostra coscienza.

Il sogno era sin dall’antichità considerato un canale attraverso cui comunicare con le entità superiori. Molteplici i casi riportati nella Bibbia. Nel Vangelo di Matteo, ad es., in tal modo i Magi vengono avvisati di non tornare da Erode: “Quindi, avvertiti in sogno di non passare da Erode, per un’altra via fecero ritorno al proprio Paese” ( Mt 2-12); Giuseppe, in Mt 2-19/23, viene avvisato per due volte in sogno dall’angelo del Signore. Ma gli esempi potrebbero continuare.

Il fenomeno appena descritto costituisce una residuale, atavica capacità di cui erano dotati i nostri antenati nell’epoca lemuro/atlantidea; un’epoca in cui la conoscenza avveniva attraverso quello che veniva chiamato “il serpente”, una sorta di appercezione – conoscenza immediata non razionale – simile a quella di cui sono dotati taluni sciamani di società tribali presenti ancora oggi nel nostro pianeta.

Piccoli residui di tali capacità permangono tuttora in noi uomini del XXI secolo. Non si usa forse l’adagio che recita: “La notte porta consiglio”? Un detto popolare che trova origine da esperienze non infrequenti; problemi banali del vivere quotidiano spesso trovano soluzione al mattino al momento del risveglio. Anche talune intuizioni di carattere scientifico possono affacciarsi alla mente del ricercatore durante il sonno.

Per le ragioni suesposte il sonno viene spesso equiparato alla morte: esso ci dice molto più di quanto poi siamo capaci di comprendere.

Quando la sera ci corichiamo moriamo in certo qual modo al mondo fisico. Il tempo si annulla poiché ne perdiamo la percezione. I sogni danno ristoro alla nostra psiche e l’indomani, al risveglio, rinasciamo ancora una volta al mondo degli affanni, degli assilli, delle fatiche e soprattutto di quei quesiti che troppo spesso non ci vogliamo porre ma ai quali, se ce li ponessimo, non saremmo razionalmente in grado di dare risposta.

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