CAP V

Il Quinto Mistero

Il Tempo

“Per gli antichi egizi tutto è ciclico, anche il tempo. Essi disdegnano il tempo lineare che i greci prediligevano e che lasciarono in eredità agli occidentali. Il tempo lineare, come la freccia di Zenone di Elea, è una fuga in avanti, una corsa che si perde nel futuro, dimenticando il passato ed ingannando allegramente il presente perché scompaia al più presto. Pericolosa concezione è questa di un tempo che divora se stesso, l’orco Kronos che divora ingordo la sua tenera prole ”.

Dunque tempo forse erroneamente inteso da noi in senso esclusivamente lineare.

Gli antichi egizi avevano intuito la sua struttura circolare o ciclica; e gli esempi non mancano di certo: giorno/notte; veglia/sonno; il ripetersi delle stagioni dell’anno; perfino il respiro (inspirazione ed espirazione); anche la nostra vita percorre (pensateci) tappe cicliche. Anche i cicli vita/morte potrebbero appartenere a tale modo di intendere il tempo ove si accetti l’ipotesi della reincarnazione.

Anche su questo tema le Guide ci hanno donato parole illuminanti:

Detta questione è basilare per comprendere prima e sapere di avere compreso poi il significato stesso della realtà che vivete.

Esso – il tempo – è composto mentalmente da miriadi di secondi per tutta l’eternità; eppure esso è a misura d’uomo misuratore della vita dell’uomo. E senza l’uomo, esso non avrà più significato di esistere. Poiché in effetti non è quale entità autonoma in sé.             

Eppure il tempo è insito in noi – non più in Noi – e senza di esso non percepiremmo alcunché, cristallizzati in un unico presente senza significato veruno.

Allora è necessario comprendere il significato del tempo, poiché – come dovremmo sapere – il tempo prende significato se gli si conferisce un significato. L’eternità è un tempo che rappresenta il divino poiché ad esso l’uomo dà il significato di negazione della morte e dunque della fine di ogni cosa. Il tempo di una vita umana ha significato poiché ad esso si conferisce il significato delle azioni che in quella vita si vogliono compiere, poi si compiono, infine sono compiute.”

Possiamo raffigurare il tempo – inteso nella sua accezione ordinaria  –  come lo scorrere di un corso d’acqua nel quale tutto fluisce.

Il nostro tempo è dunque il tempo della vita, quello del fluire lineare delle cose. Ma esso è altresì da intendere in altro senso, sotto un profilo soggettivo.

In una lontana comunicazione la nostra Guida ci parlò dell’età pietrina, di quella paolina e di quella giovannea.

Nell’età pietrina che vuol rappresentare il Padre era la legge sull’astrale che rifletteva sull’ “io sono” non ancora “Io Sono”. Nell’età paulina la fede realizza l’ “Io Sono” e diviene principio del trasmuto. Nell’età giovannea il trasmuto è completo e l’ ”Io Sono” governa in unità sincosmica con gli altri “Io Sono”.

I figli della Casa sono giovannei come il loro rappresentato da Spirito Santo; i paulini dal Figlio.

Evidentemente qui si parla di età, di tempi soggettivamente intesi. Chi è nell’età pietrina non è ancora in grado di comprendere autonomamente quale sia la strada da seguire per tornare al Regno. Il percorso evolutivo gli viene indicato dall’esterno, dalla Legge che, attraverso il karma, opererà il riequilibrio dell’ordine turbato dalle scelte, libere ma sovente erronee, del piccolo sé umano.

Le Verità iniziatiche, i Misteri del Regno possono essere compresi solo se si è raggiunto un certo grado di evoluzione spirituale, solo se si è nel tempo. In tale ottica il tempo assume, per l’uomo, un valore analogo a quello che riveste il dolore. L’uno e l’altro hanno significato nella misura in cui valgono a determinare il cammino del Sé, il progresso della coscienza, l’evoluzione dello Spirito. Quel tempo così speso è tempo che ha “significato”. A che vale infatti se la coscienza rimane addormentata nonostante esso?

Ma dalle considerazioni rilevate dalla “Grande Sintesi” di P. Ubaldi possiamo comprendere meglio il tempo ed i suoi significati che chiariranno, mi auguro, anche quanto detto in precedenza:

Ubaldi sostiene che le dimensioni – tutte – sono costituite da unità trifasiche. Cioè ciascuna di esse è costituita da tre momenti; superare la terza fase significa penetrare nella dimensione successiva, contigua alla precedente.

Cominciamo con la dimensione spaziale. Dal “punto” geometrico, che potremmo definire “dimensione zero”, ha origine la “linea” come prima espressione spaziale; quindi il “piano” come seconda espressione; terza ed ultima il “volume”. La materia si manifesta in uno spazio a tre dimensioni progressivamente in tre fasi successive. Sarebbe peraltro assurdo ricercare una continuazione quadridimensionale in un sistema a tre. Quale la dimensione successiva e contigua allo spazio? La dimensione tempo. Vediamo come esso si sviluppa in una nuova entità dimensionale trifasica. Ogni fenomeno nel suo spostarsi nel tempo acquista una sua, potremmo definirla, “coscienza lineare” (prima fase con linearità del tempo). Detto fenomeno comporta solo il progredire dell’energia nel tempo ma non è ancora in grado di essere vita e coscienza; non si espande oltre la linea del suo divenire. Nella 2° dimensione concettuale (corrispondente nella dimensione spaziale alla superficie) abbiamo la coscienza (subumana ed umana); terza dimensione concettuale (corrispondente al volume) è la supercoscienza. ((1. Esaminiamo con le parole di Ubaldi la dimensione concettuale propria dell’uomo corrispondente alla 2° dimensione temporale, dopo la quale esamineremo la 3°:A) La coscienza umana non è lineare, cioè limitata a se stessa o ad un fenomeno, ma può uscire e muoversi su tutte le linee della superficie, in ogni direzione, abbracciando, come coscienza, moltissimi fenomeni e ciò finché non evolverà. Ciò significa che essa è legata al relativo, non può che muoversi nel finito, non sa concepire che per analisi, cioè attraverso l’osservazione e l’esperimento, tale è la vostra scienza. Per raggiungere il volume è necessario che la superficie si muova in una nuova direzione, per raggiungere la supercoscienza è necessario moltiplicare la coscienza per un nuovo movimento. E’ così che solo per moltiplicazione di analisi voi potete approssimarvi alla sintesi. La supercoscienza è dimensione concettuale volumetrica, che si ottiene elevando la perpendicolare sul piano della superficie della coscienza, conquistando così un punto di vista fuori del piano, l’unico punto che può dominarlo tutto. E’ così che la supercoscienza sola supera i limiti del vostro concepibile, domina il relativo nella visione diretta dell’assoluto, domina il finito movendosi nell’infinito, non concepisce più per analisi ma per sintesi. Dunque non più lento ed imperfetto meccanismo della ragione , ma intuizione rapida e profonda, Non più proiezione della coscienza verso l’esterno attraverso mezzi sensori che non toccano che la superficie delle cose, ma espansione in tutt’alta direzione, verso l’interno, percezione animica diretta, contatto immediato con l’essenza delle cose.))

Ancora vorrei richiamare i gradi della Iniziazione Cristica:

La “Paraskene” o “Preparazione” culminante nel “Discorso della Montagna”; la “Katarsis” ravvisabile nelle “Guarigioni Miracolose”; la “Teleiosis” o “Illuminazione” che può ravvisarsi nella resurrezione di Lazzaro; la “Epiphaneia” o “Visione dall’Alto.

Dunque visione dall’alto che concettualmente ben si sposa con quanto asserito da Ubaldi quando parla – in relazione alla terza dimensione del tempo – di uscita dalla superficie temporale (come dimensione rapportata allo spazio) per sollevarsi al di sopra (come dimensione rapportata allo spazio) ed ottenere una visione d’insieme immediata e globale di detta superficie con capacità financo precognitiva dal momento che guardando dall’alto la linea o il piano temporale posso scorgerne il punto di partenza ed intuire quello di arrivo: ossia il futuro.

Se diamo per corretta la tesi fin qui sostenuta, forse abbiamo anche trovato la chiave del pensiero piuttosto oscuro dell’Entità quando dice che : “L’insieme dei tre (corpi) costituisce il significato da dare al tempo; ma esso significato non ha valore se non “ricambia” di significato i tre (scoprire il “significato” di questo pensiero è – ad esempio – un compito propedeutico all’iniziazione)”. Infatti il cammino iniziatico (che altro poi non è che il cammino atto al raggiungimento della condizione superumana) non potrebbe prescindere dall’acquisizione di tali concetti espressamente riferibili alla nozione del tempo. Ciò spiega, anche sotto il profilo squisitamente razionale, il motivo per il quale noi in questo stadio evolutivo ci troviamo immersi in una realtà che comunemente indichiamo come esperienza della materialità – senza però pienamente comprendere il senso della definizione – la quale è per l’appunto caratterizzata dall’essere immersi nelle dimensioni spazio-temporali. Dunque il tempo – inteso nella sua accezione ordinaria – possiamo immaginarlo come lo scorrere di un corso d’acqua nel quale tutto fluisce e cammina, ma non solo, poiché è altresì da intendere come ulteriori dimensioni concettuali che attengono al grado evolutivo dell’individuo. Ecco spiegata la ragione per la quale spesso l’Entità ci dice che comprendiamo o meno taluni concetti se siamo o non nel tempo. Ed ancora quando parla del nostro tempo riferendosi alle date corrispondenti ai giorni in cui facciamo le riunioni, Essa si riferisce verosimilmente al tempo della prima dimensione (quello del fluire lineare delle cose).

In quest’ottica, quante vite scorrono affaccendate in occupazioni sostanzialmente oziose, inidonee al percorso di evoluzione spirituale che dovrebbe guidare noi tutti! Il “tempo” così speso si consuma in tal modo inutilmente, senza valore e senza significato.

Del pari il dolore: esso ha significato nella misura in cui mi avverte dell’errore, mi fa da spia di cammino erroneo rispetto all’obbiettivo che il Sé si era prefissato. Ignorare il dolore o non sforzarsi di comprenderlo equivale a soffrire in modo sterile ed improduttivo .

Tutto ciò premesso e per concludere l’argomento dovremo per un attimo tornare all’incipit del vangelo di Giovanni e riportare un frammento di una comunicazione:

In principio era il Verbo …. e così via dicendo.

Ma fu davvero così? O invero era, è e sarà tutto unitamente Uno? Naturalmente è la seconda ipotesi quella vera; non la prima. Ma allora che senso dobbiamo attribuire a quella frase “in principio” e così via dicendo? Se, come è stato illustrato, il senso del tempo altro non è che significazione della coscienza e della conoscenza non potremo che concludere dicendo : In principio della conoscenza, e dunque non in principio della realtà. Ecco il punto di fuoco della questione della conoscenza. Della contezza di ciò. Del sapere che è -. Non del vero essere di ciò.

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