CAP III

Sulla Trinità

La Trinità, che è fictio umana, è realtà dell’Essere che è. L’idea è Padre; la Forma è Figlio; la Coscienza conosciuta e conoscente di Sé lo Spirito.

L’idea è in Sé e per Sé; ma essa, in quanto in Sé esistente, non manca di forma che ha realtà nel Figlio; e l’Idea e la realtà di essa non manca di coscienza, l’una di essere, la seconda di essere la realtà stessa dell’Essere: la Coscienza del sapere, meglio nota come Spirito Santo.

Il concetto di Trinità è, dunque, una mera rappresentazione mentale che ci consente di accostarci, razionalmente, al Mistero dell’Uno-Tutto nei suoi tre aspetti: Idea, Forma e Coscienza. Ma Dio è e permane una realtà unica ed immutabilmente perfetta. Tutto è ab aeterno in Lui, in un continuum di immobile perfezione al di là del tempo e dello spazio.

 

Le guide ci comunicarono:

L’Uno è il Tutto; in Sé comprendendo anche il non sé.

Non è lotta fra il Sé e sé, in quanto è volontà del Supremo Omnipotere. Né dunque è bene, o male; ‘ché esso, il bene, ed esso, il male, sono soltanto nostre categorie di giudizio. Siffatte sono legate al nostro avvertire bene e male, gioia e dolore, satisfacimento ed insoddisfazione. Ma le stesse non hanno realtà se non nel nostro ragionare ed economizzare per categorie. La Legge è la Legge, ed essa non è figlia dell’Uno, ma Essa Stessa è l’Uno.

L’evolvere non è tale; ‘ch’è non è da evolversi nulla nell’Uno. Bensì noi, che dell’Uno, Uno, Unico ed Indivisibile, siamo parte impartibile, abbiamo sensazione e cognizione di essere il non sé.

Il Dio trascendente è un “Io Sono” inimmaginabile ed inconoscibile per l’uomo. Ma il Dio immanente, che si manifesta nel Figlio attraverso il creato, è accessibile ai nostri sensi ed all’umana conoscenza.

Se Dio è il Tutto, nulla è al di fuori di Lui. Anche il male e il dolore, che vediamo regnare nel mondo ed in cui si dibatte la nostra esistenza, restano comunque in Lui. Dio conosce la Sua parte di ombra, il contrario del Sé, quel che sarebbe la Realtà se Egli non fosse, attraverso l’esperienza della creatura, che ha fatto una scelta egoica, di libertà, e vive dunque una realtà illusoria di apparente “non essere”, nella quale sembra che Dio non ci sia. Ma la creatura resta comunque in Dio. L’uomo comune non se ne rende conto. L’iniziato lo vede e, quindi, lo sa.E’ colui che vede l’uomo che sa.  Non v’è sapere per mezzo di ratio, ma esso sapere è, previo visus, immediato, appercettivo”. (stessa comunicazione).

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