CAP VII

Sulla Morte Prima

La domanda che assilla noi mortali è: che cosa succede dopo la morte fisica?

Nessun mutamento avviene nella Realtà. L’Uno rimane immutato prima e dopo detto fenomeno. E’ l’individuo che sente, o meglio prevede, di non essere più. Ma in verità egli permane poiché nulla può determinare – nemmeno con quell’evento che chiamiamo “morte”-, una diminuito dell’Uno.

Il Tutto e’ TUTTO senza mutamento ne’ termine.

Ciò che ha dignità di realtà nell’eterno Tutto è il “momento” (chiamiamolo pure il “fotogramma”) espunto dal precedente  non più e dal seguente non ancora; dunque: il qui ed ora .

Ogni “fotogramma” è contraddistinto: 1) dalla Volontà del Padre di inizio della realtà (ora e qui) che dà così luogo alla Sua stessa esistenza; 2) dalla Volontà del Figlio (continuazione e mantenimento) che si incarcera nella forma per dare appunto continuazione alla realtà di Dio e farla vivere (qui ed ora); 3) dalla volontà dello Spirito Santo che infine chiude il ciclo in ogni qui ed ora per dare conclusione a quell’inizio. Questo è il mistero della Trinità((1. Da integrarsi come: Essenza (Padre), Forma (Figlio) e Coscienza (Spirito S.) L’esempio della matita: idea è lo scrivere, il graphos – la forma è l’oggetto, ossia la matita che scrive – infine l’autocoscienza, pur ottusa, dell’oggetto scrivente.)).

Anche la vita umana segue questo articolato (nascita per volontà del Padre, incarcerazione nella materialità organica attraverso il Figlio, morte per volontà della Terza Persona che chiude il ciclo).

Ma la vita umana è a sua volta scomponibile in tutti quei “fotogrammi” che abbiamo detto: tanti qui ed ora.

Dunque, esseree divenire ad un tempo (non cronologicamente inteso).

Tempo dello spirito e non tempo umano.

Il nostro divenire, quello del Sé, è l’esperienza dello spirito. Così, tra le tante, anche l’esperienza della morte, che comporta il domandarsi dell’io se cesserà di esistere. Rimanendo non compresa, tale esperienza non può che essere interpretata come l’insulto più grande alla nostra individualità.

In realtà la morte è conoscenza del non-Sé; conoscenza dell’annullarsi del Sé. Conosciuto e temuto come nulla: l’opposto dell’Essere. Invero non c’è conoscenza senza il conoscere l’opposto. E come potremmo conoscere il nostro Sé senza conoscere il non-Sé? Si muore e si crede di piombare nel nulla; ma in realtà si vive morendo; ovvero si muore dando vita alla conoscenza.

Da una comunicazione del 1° giugno 2000 :

 “La morte è’ l’ultimo degli eventi che dà senso a tutti quelli che lo precedono.

Senza di esso nessuna cosa umana avrebbe senso alcuno. Ed esso dà significazione e fine ad ogni cosa umana.

Ma, cos’è la morte?

Simile al sonno, essa è l’evento estremo del vivere; rende cieco e sordo e muto l’uomo che vi penetra. Ogni via di comunicazione dall’esterno viene recisa. Ogni linea di contatto con gli altri che “umanamente” vivono viene interrotta. Resta…. Cosa rimane, allora ?

Ciò che resta è il mondo interno all’io. Quel mondo di cui nessuno sa dire qualcosa che non sia ipotesi, fantasia, o quant’altro.

Una chiave per aprire un piccolo uscio verso quell’universo a tutti coloro che “umanamente” vivono è rappresentata dalla vibrazione.

Tutto è vibrazione: la visione di un paesaggio, il suono di una sinfonia, il moto della materia nel grande padre oceano. Chi “umanamente” vive è desueto alla vibrazione.

Ma essa è, rimane, e permarrà, come la base di ogni cosa che esiste, sia qui, che là, che “Altrove”.

Ed allora morire significa perdere la capacità di ricevere linee dall’esterno che vibrano secondo la frequenza della materia; ma, all’incontrario, acquistare piena capacità di comprendere la Vibrazione Massima.

La questione centrale e pulsante di chi si deafferenta dal mondo è comprendere la linea – ed entrarvi in sintonia – che dall’Io va all’io.

Ma per comprendere ed entrare nella Grande Linea, v’è da ben conoscere i segreti delle linee minime che della Grande sono “immagine e somiglianza”.

 

Ed ancora da altra comunicazione del   26 aprile 2008 :

 

Dopo la morte permarranno la individualità e la coscienza che si hanno da vivi?

Con la coscienza del vivente e razionale non si vedrà mai la morte. Essa ci prenderà. Ma se l’accoglieremo, liberi dalla ragione e da condizionamenti, accettandone la natura, potremo conoscere la morte quando vorremo, fino a poterla vincere con la resurrezione che, attraversata dal Cristo, ci viene data come possibile da tutti. Quando si accoglie la morte e si tenta, attraverso il vuoto interiore, di apprenderne la natura, essa non atterrisce, ma diviene cosa della vita che non toglie la vita. E’ banale passaggio di trasformazione. Conoscere la morte significa avere la consapevolezza che essa è solo un transito, un passaggio di trasformazione, una sorta di rito di iniziazione, così come accade al bimbo che diviene fanciullo ed entra nella pubertà, al fanciullo che compie la maggiore età, all’adulto che si sposa e crea la coppia/famiglia: così la morte, che morte poi non è poiché conoscendola sappiamo che è in effetti prosecuzione della coscienza. Il simbolo del Cristo è costituito da un sepolcro… VUOTO! Un sepolcro che non può imprigionare l’individuo. Nel messaggio Cristico infatti si vuol significare che, così come Lui fece, a tutti noi è dato di poter risorgere”.

Deve ritenersi che lo spirito, involvendosi nella materia, s’incarni ripetutamente, passando da una fase di inconsapevolezza di sé ad uno stadio sempre più evoluto, (minerale, vegetale, animale) fino alla completa autocoscienza, quale non tutti gli uomini ancora posseggono. Anche la vita umana è soggetta ad una serie di incarnazioni. In ognuna di esse si acquistano nuove esperienze e si pone rimedio agli errori commessi in precedenza. Ci è stato spiegato che ogni soma (corpo) rappresenta il carcere, la tomba dello spirito. Sotto altro profilo ci è stato detto che è lo spirito che crea il corpo, adattando gli atomi allo stampo di esso. Per corpo si intende naturalmente anche la personalità umana assunta durante un’incarnazione. Dopo la morte lo spirito può prelevare dalla cosiddetta “Memoria dell’Eternità” una determinata personalità (compreso il soma), un tempo rivestita, e ricostituirla temporaneamente.

Il concetto di reincarnazione non confligge con quello di Resurrezione. Gesù di Nazareth, assolutamente perfetto, tale da ricevere in sé la Divinità, ha vinto la morte, risorgendo dal sepolcro. Alla resurrezione giungeremo anche noi allorché, a seguito delle successive reincarnazioni, seguendo il percorso indicato da Gesù (Io sono la Via), saremo riusciti ad eliminare ogni traccia di egoità ed a “necare” il nostro fisico. Risorgerà, glorioso, un corpo purificato, trasformato, sintesi di fisico, eterico ed astrale, corrispondente alla summa della nostra evoluzione. Tale resurrezione per noi avverrà nell’Ultimo Giorno (soggettivamente inteso), quando tutti gli spiriti di questa generazione (generazione di spiriti, ovviamente) avranno raggiunto quel grado di evoluzione che consentirà loro di non più incarnarsi nella materialità.

Il nostro nuovo corpo sarà un Corpo Glorioso come quello del Cristo e non rappresenterà il fisico e la personalità di una delle tante incarnazioni, bensì, nell’ottica di un grande Mistero, la summa della evoluzione personale. Vi sarà la trasmutazione dei tre corpi, come ci è stato insegnato.Il nostro corpo glorioso farà parte del Corpo Mistico del Cristo. Vi sarà una nuova Terra ed un nuovo Cielo. Sarà questo il momento del passaggio attraverso la Porta, che ci condurrà ad una superiore evoluzione e spiritualizzazione, inimmaginabili per la nostra mente.

 

 

Un cenno appena all’esperienza in limine vitae; chi l’ha vissuta l’ha poi raccontata. In qualche caso si è trattato di personaggi popolari e conosciuti al grande pubblico, talaltra di sconosciuti le cui esperienze sono state raccolte e descritte in libri o riviste di settore.

Da una comunicazione del 16.06.2012 :

Nell’esperienza di distacco dal corpo v’è sempre una Luce (chi la definisce il Cristo, chi l’Angelo, chi in altro modo); e questa Grande Luce chiede: “Sei pronto per morire, e passare verso la Casa?”; poi chiede: “Cosa puoi mostrare di ciò che hai fatto?”; poi chiede ancora: “Cosa ti sembra di sufficiente, fra ciò che hai fatto?”. Come in un rotolo con immagini in movimento, tutta la vita e le cose buone e non scorrono allora, mentre accanto le Figure dei cari che ci furono compagni e fratelli in questo mondo nostro, guardano e… sorridono. Non v’è condanna o minaccia nelle Parole della Luce; non v’è paura in chi deve dare risposte, anzi “vuole” dare risposte”.

Torna su