CAP I

L’Origine

 

Dall’Amore del tutto/Tutto trae origine la partizione individualizzata nel Sé di ciascuno e la “discesa” nel mondo dell’ego su cui agiscono le forze arimaniche. Esse operano acché il Sé, avviluppato in volute a grado a grado più grevi, attraversi via via fasce di realtà sempre più “fredde” e condensate, fino a giungere nelle dimensioni della materialità e dello spazio/tempo ben note all’umano genere.

Nel mondo della materia (così come noi la interpretiamo), il Sé, carcerato nel tempio di carne, ottuso e dimentico della sua provenienza, può, in tal guisa, essere pienamente libero e scegliere se permanervi o risalire verso l’origine sua, di cui avverte un pallido richiamo (una sorta di nostalgia)((1.  Il termine “nostalgia” rende pienamente il senso; la sua etimologia infatti ci dice che esso è formato dai termini νόστος (“nostos” =  lontananza) e άλγος (“algos”  = dolore), ossia dolore per la lontananza.)).

Conquistando i gradi di coscienza corrispondenti, può riattraversare in ascesa i mondi dell’Essere sempre più “caldi”, luminosi e sottili; ma può altresì decidere di abbandonare la lotta e morire alla coscienza; immergendosi infatti vieppiù in quella materialità da cui dovrebbe fuggire, sempre più flebile e remota gli giungerà la voce del suo Sé (grande). Alla fine, ormai totalmente sordo a tale voce, morirà alla coscienza per confondersi – come goccia che torna all’oceano – nel seno Paterno da cui un tempo scelse di separarsi: è questa la cosiddetta morte secunda. L’approdo al Tutto di quel Sé, inconsapevole ormai, è quello che chiamano “inferno” : una landa immota e gelata, immersa nel silenzio, così come volle rappresentarla Arnold Böcklin nel suo dipinto “L’Isola dei Morti” che tanto inquietò l’animo di coloro che lo possedettero.

Ma la “morte seconda” non genera alcuna perdita in Dio, nessuna deminutio nell’Essere, solo il dissolversi della coscienza del Sé dell’individuo che così – lasciato libero per dono d’amore – ha scelto il suo destino di morte.

Questo il cammino, questo il rischio, questo l’obbiettivo, questa la lotta, questa la scelta libera di ciascuno.

 

 Genesi: le allegorie dei 7 gg della creazione

Non occorre grande sforzo per comprendere che quanto scritto nella “Genesi” ha un duplice significato: letterale e simbolico (ma forse anche misterico). Il primo, a tutti comprensibile, ha addirittura peculiarità fabulatorie tali da apparire destinato a lettori-bambini a dispetto delle palesi contraddizioni in cui cade lo scritto se letteralmente inteso: si guardi, ad es., ai “giorni” in cui si svolgerebbe l’opera creatrice di Dio quando non sono ancora apparsi sole e luna – indispensabili al computo dei giorni cronologici – non essendo stati ancora creati. Anche la parola “in principio”, il bereshit, per indicare l’opera creatrice dell’Essere che non ha origine né fine perché eterno, e dunque fuori dal tempo, appare incongruente e contraddittoria! Il termine usato ci fa rammentare l’inizio del vangelo di Giovanni con il suo inno al Verbo.

Ma allora “in principio” di che cosa? In realtà, se lo si interpreta in senso cronologico, dovremmo rispondere: in principio di nulla, non essendovi in realtà principio alcuno in Dio che non è soggetto alla dimensione temporale. Dobbiamo allora fare riferimento non al tempo cronologico ma al graduale evolversi della coscienza: dunque in principio… della coscienza; non coscienza di Dio, ovviamente, che non necessita di percorso di crescita, bensì di ciò che apparentemente si proietta al di fuori di Lui: il Figlio, dunque, quello che noi definiamo il Creato come realtà soggetta alle dimensioni spazio-tempo. Inoltre tutta la Genesi, dai cd. giorni della creazione alla cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre, fa riferimento, in modo velato, al progressivo ampliarsi della coscienza e della conoscenza.

In principio Dio creò il Cielo e la Terra”:

Primo passo

Dunque all’inizio della coscienza si potevano riassumere due realtà : 1) il Cielo quale rappresentazione della dimensione spirituale strettamente intesa; 2) la Terra come dimensione materiale. La distinzione va peraltro interpretata come risultante della categorizzazione umana, ‘ché in verità il distinguo appare superfluo se si considera il sistema/realtà come un tutt’uno interconnesso. A noi è tuttavia più facilmente comprensibile immaginare due zone: una calda, fluida, altamente energizzata ed eccitata (la realtà sottile/animica, ossia il Cielo);  l’altra più fredda, condensata, statica e dura: la Terra.

Lo scrittore parla poi di oceano e di acqua lasciando intendere che Cielo ed Oceano siano eguale cosa; parla inoltre di luce e tenebra che opportunamente vengono da Dio separate.

Secondo passo

Segue la creazione di un firmamento atto a “separare le acque superiori da quelle inferiori” : ben strano invero se letteralmente inteso! Diverso se vi leggiamo che la coscienza della totalità dell’Essere si dispiega e distribuisce per gradi: le Acque superiori (il Cielo, l’Empireo, la Coscienza di Dio); le acque inferiori (la coscienza del Creato).

Giungiamo alla fine al paradiso terrestre che, per libera scelta, Adamo ed Eva perderanno, ma per iniziare a conoscere – e quindi prendere coscienza e consapevolezza – attraverso il percorso che riconduce alla Casa del Padre.

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